Napolitano elogia Beppe Grillo e offende Marco Biagi

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Napolitano elogia Beppe Grillo e offende Marco Biagi

09 Agosto 2007

Ieri il Corriere della Sera, con un richiamo ben visibile in prima, ci
informava, con un’enfasi mal contenuta della lettera che Pasquale Cascella,
consigliere per la stampa del Capo dello Stato, ha inviato a Beppe Grillo in
occasione dell’uscita del suo libro sul precariato “Schiavi Moderni”. Il
Presidente della Repubblica nella missiva ringrazia Grillo per la sensibilità
e si augura successo per il prezioso pamphlet.

La calma agostana, con i politici in vacanza, e i palazzi del potere chiusi
favoriscono spesso la presenza, con le redazioni che sognano vacanze e riposo,
di notizie prive di rilevanza sui quotidiani (mi riferisco, ovviamente,
all’uscita del libro di Grillo). Ma una lettera in nome e per conto del
Presidente della Repubblica ha pur sempre una sua rilevanza per lo meno istituzionale. Ebbene, il Capo dello Stato
sembra abbia molto apprezzato il libro di Grillo che accusa senza mezzi termini
la legge Biagi, come causa fondante del precariato in Italia, come genetrice di
un “moderno schiavismo”. Novella “peste bubbonica” che trasforma il lavoro in
progetti a tempo, la paga in elemosina, i diritti in pretese irragionevoli.
Grillo battezza questi lavoratori “transbiagici, una sottospecie di schiavi.
Meno tutelati degli schiavi sudisti, trasformati in merce a basso costo, con i
call center come istituti di pena”. Biagi shiavista quindi. Sembra di ascoltare
i giudizi sprezzanti di una parte non trascurabile del sindacato, quando Biagi
era ancora in vita, o peggio le farneticazioni durante alcune manifestazioni di
centri sociali fiaccheggiatori delle nuove BR.

Nel commentare l’uscita del libro, sempre ieri sul Corriere, il direttore
del quotidiano del maggior partito della sinistra radicale, definiva il
precariato la “modalità con la quale l’asservimento del lavoro al capitale si
fa più vicino allo schiavismo che allo stato sociale moderno”. Il direttore di
Liberazione è probabilmente uno di quelli, molti,  che hanno letto Marx, ma non lo hanno capito,
ma è sicuramente uno al quale sfuggono sia i contenuti della legge Biagi, sia
le sue conseguenze sul mercato del lavoro.

Dall’ introduzione della legge la disoccupazione è diminuita a ritmi
vertiginosi fino a raggiungere livelli di molto inferiori alla media europea e
tra i più bassi raggiunti dal nostro Paese, da dopo il boom economico. La legge
ha accresciuto le tutele e le possibilità di formazione e ha dato l’opportunità
a molti giovani di incontrare il mondo del lavoro, in tempi ragionevolmente
brevi. Dire che la legge Biagi ha introdotto il precariato, dimenticando che
l’Italia è il Paese del lavoro sommerso, significa parlare di ciò che non si
conosce, tant’è che il libro di Grillo fa riferimento nella maggioranza, a casi
avvenuti prima della legge o alla Pubblica Amministrazione, dove la legge non
si applica. 
Più del 90% dei lavoratori italiani ha un lavoro a tempo indeterminato e
più dei due terzi dei lavori “flessibili” si trasformano in tempo inderteminato
in non più di un anno.

Ma di che cosa stiamo parlando quindi, ma che cosa stiamo dicendo alle
giovani generazioni. Siamo ancora alla chimera del posto sicuro, tutto e
subito, al primo lavoro, magari ottenuto con una raccomandazione, che ti
accompagnerà fino alla pensione, agli aumenti di stipendio eguali per tutti negoziati
dai sindacati. Il lavoro si conquista con la preparazione e l’impegno, la
capacità di rischiare e mettersi in gioco, lo sforzo di comprendere che il
merito e l’eguaglianza delle opportunità sono le sole condizioni che si devono
pretendere quando si entra nel mondo del lavoro. Proprio in questi giorni,
stiamo discutendo del paradosso per il quale si inizia a lavorare a 30 anni,
magari dopo molti anni di “fuori corso” alle spalle dei genitori, e si pretende
di andare in pensione a 57 anni, lamentandosi poi che le pensioni sono troppo
basse, come se le risorse cadessero dall’alto.

Smettiamola di illudere i giovani con demagogie e idee che hanno già fatto
troppi danni nei decenni passati e soprattuto ricordiamoci ogni tanto di
mandare una lettera anche alla vedova Biagi e ai suoi figli, per dire loro che
i clown non sono al potere e che il loro caro non è morto invano.