Napolitano può veramente respingere un decreto?

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Napolitano può veramente respingere un decreto?

09 Febbraio 2009

Innanzitutto, occorre sgombrare il campo da possibili equivoci e sovrapposizioni: una cosa è il contenuto del decreto legge che il governo voleva emanare, altra cosa è il rapporto che si è venuto a determinare tra il Presidente della Repubblica e il governo, con riguardo all’emanazione del decreto. Sul primo punto, ci possono essere legittime perplessità circa l’uso dello strumento della decretazione d’urgenza per regolamentare una situazione che –almeno in questo caso– interessava una persona soltanto: Eluana Englaro. E se sussistevano le ragioni della straordinaria necessità e urgenza, quali requisiti determinanti per l’emanazione di un decreto legge, questi non potevano che essere riferiti proprio a quella singola persona per sanare quella specifica (e drammatica) situazione. E’ pur vero che il decreto era ben congegnato, perché aveva individuato una soluzione ponte, per così dire, e cioè in attesa dell’approvazione della legge in Parlamento. Quindi si mostrava come un provvedimento prodromico a una legge, e quindi rispondeva a una logica sottesa al procedimento del decreto legge. Ovvero: il governo, ritenuta la straordinaria necessità e urgenza, adotta, sotto la sua responsabilità, un decreto legge e poi chiede, entro 60 giorni, che il Parlamento lo converta in legge. Pertanto, il decreto legge è costituzionalmente prodromico a una legge, nel senso che anticipa quello che potrà essere il volere definitivo del legislatore parlamentare, ossia favorevole alla trasformazione in legge del decreto oppure la sua decadenza. Si è soliti definire il decreto legge un provvedimento provvisorio, ed è corretto; salvo che bisognerebbe aggiungere, che svolge anche una funzione introduttiva rispetto al provvedimento definitivo, che è la legge ordinaria; proprio in virtù del fatto che deve essere presentato alle Camere, entro 60 giorni, per la sua trasformazione da provvedimento provvisorio in definitivo.

      Rispetto al secondo punto, e quindi i rapporti tra Presidente della Repubblica e governo in sede di emanazione del decreto, bisogna sottolineare un aspetto: l’adozione di un decreto legge è piena ed esclusiva responsabilità del governo. Lo dice chiaramente la Costituzione (art. 77). Ora, è vero che i decreti debbono essere emanati dal Capo dello Stato (art. 87, comma 5), ma si può dubitare che possano da questi non essere emanati, ovvero non firmati. Certo, ci sono dei precedenti in tal senso; d’accordo, ma non è consuetudine costituzionale! E poi: si possono ritenere quanto meno anomali quei precedenti? Voglio qui provare a svolgere un breve ragionamento: la Costituzione (art. 87, comma 5) afferma che il Presidente della Repubblica promulga le leggi ed emana i decreti aventi forza di legge. Vengono volutamente adoperati due verbi differenti: perché la promulgazione della legge può essere oggetto di rinvio da parte del Presidente della Repubblica (art. 74), e quindi ci può essere un espresso diniego, costituzionalmente previsto, all’approvazione della legge per manifesta incostituzionalità. Nulla si dice riguardo all’emanazione dei decreti. Pour cause: vuoi perché – secondo Costituzione – il controllo dei requisiti del decreto, e cioè la necessità e urgenza, spetta al Parlamento in sede di conversione entro 60 giorni; vuoi perché – secondo Costituzione – il decreto legge viene adottato sotto la responsabilità del governo. E questo un altro punto significativo: il soggetto responsabile del decreto è prima il governo e poi il parlamento in sede di ratifica. Diversa sorte la legge: responsabile è il parlamento e anche il Presidente della Repubblica, che la può rinviare una sola volta salvo doverla approvare la volta successiva. C’è solo un giudice che può valutare sia il decreto legge, e la legge che lo ha convertito, che la legge ordinaria: è la Corte costituzionale, laddove venisse sollecitata, in via incidentale o diretta, al controllo di costituzionalità delle leggi e degli atti aventi forza di legge.

      Nella recente vicenda del decreto per Eluana, il Presidente della Repubblica non solo non ha voluto emanare il decreto ma ha fatto sapere in anticipo, e cioè quando in Consiglio dei ministri era riunito per decidere, che non avrebbe emanato il decreto. Si può dubitare di questa procedura? Le ragioni avanzate dal Presidente erano certamente ben argomentate e si possono, in astratto, condividere. Sarebbero andate bene come motivazione per il rinvio di una legge, ma non come anomala motivazione di una anticipata decisione sul veto alla emanazione di un decreto legge.