Nel processo Mediatrade, a crollare è la tesi dell’accusa contro il Cav
19 Ottobre 2011
ll proscioglimento di Silvio Berlusconi dall’inchiesta Mediatrade è abbastanza difficile da interpretare. Tecnicamente è un non-luogo a procedere, deciso cioè in udienza preliminare: significa che il Cavaliere non sarà neppure processato perché secondo il gup manca ogni presupposto per condannarlo. Non ci sarebbe niente di strano se non fosse che le interpretazioni estensive dell’udienza preliminare – che non si limitino, cioè, a una verifica dei crismi formali per poter celebrare un processo – a Berlusconi erano sempre state precluse. La linea milanese col Cavaliere, cioè, era sempre stata questa: si fanno magari delle complicate udienze preliminari- che cioè entrino nel merito delle accuse, vaglino i testimoni e le prove – ma alla fine, per stabilire se sia colpevole o innocente, si procede comunque al rinvio a giudizio e a un bel processo pubblico.
Questa volta non è andata così, e alla decisione potrebbe non essere estranea la presenza di un gup giovane e relativamente “fuori dal giro” come Maria Grazia Vicedomini, che ha sostituito la collega Marina Zelante passata intanto a una sezione dibattimentale. Ma siamo già alla dietrologia, o forse alla banale constatazione che il libero convincimento di un singolo giudice vale più di milioni di carte processuali.Detto questo, sinché non verranno depositate le motivazioni del non-luogo a procedere (entro trenta giorni, di prassi) si potrà capirci poco. Qualcosa infatti non quadra: e cioè non si capisce come sia possibile che Silvio Berlusconi sia stato prosciolto “per non aver commesso il fatto” mentre suo figlio Piersilvio e Fedele Confalonieri sono stati rinviati a giudizio per frode fiscale.
Proviamo a ricapitolare: Mediatrade era una società del gruppo Mediaset (che poi ha passato il testimone a Rti) e sino al 2003 comprava diritti tv e cinematografici da varie major statunitensi; secondo l’accusa, però, Mediatrade si serviva dell’intermediazione di altre piccole società off-shore appartenenti a certo Frank Agrama (era lui a trattare con le major) per sovrafatturare i vari acquisti e imboscarsi la differenza.In questo modo, sempre secondo l’accusa, Berlusconi avrebbe occultato 34 milioni di dollari nascosti in vari conti off-shore e avrebbe evaso il fisco per complessivi 8 milioni, senza contare l’eventuale raggiro riservato agli azionisti. Anche i bilanci controfirmati da Piersilvio Berlusconi (presidente Rti) e Fedele Confalonieri (presidente Mediaset) sarebbero perciò stati falsati.
Tra le testimonianze, quella dell’ex manager Mediatrade Roberto Pace secondo il quale le alte percentuali versate a Frank Agrama erano ritenute intoccabili. Ora: se è vero che il sodalizio tra Silvio Berlusconi e Frank Agrama sarebbe partito sin dagli anni Ottanta ma senza irregolarità (“per non aver commesso il fatto”, è stata la formula usata dal gup per il Cavaliere) non si capisce quale “frode fiscale” possano aver perpetuato il figlio Piersilvio e Fedele Confalonieri, che invece a processo ci andranno. Un loro coinvolgimento avrebbe senso se i vari diritti televisivi fossero stati comprati a prezzi fuori mercato (superiori, cioè) e se i bilanci di Mediaset risultassero falsati, ma non risulta sia stato dimostrato, né spiegherebbe, nel caso, l’estraneità del Cavaliere: a meno di ritenere che le sole operazioni contabili ritenute irregolari risalgano a quando non era più alla guida del gruppo Fininvest. Poteva non sapere, cioè. Una bella novità anche questa.
Tratto da Libero