Nel tempio della ristorazione romana a noi ce piace de magna’ e beve

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Nel tempio della ristorazione romana a noi ce piace de magna’ e beve

29 Marzo 2009

Conversando con taluni amici lettori, mi è stata posta la questione – invero non di poco momento – di quello che potremmo definire il difficile rapporto tra qualità e prezzo della ristorazione. In particolare, mi è stato sottolineato che la condivisione operativa dei principi di fondo della “filosofia” (almeno i paroloni, per fortuna, riempiono la bocca, ma lo fanno gratis) che sta alla base della Rubrica, fatalmente conduce alla frequentazione di locali di prezzo medio alto. La considerazione non è priva di fondamento, posto che la “qualità”, in primo luogo delle materie prime, ha un costo elevato e questo elemento, necessariamente, si riverbera sul conto del ristorante.

Vi sono, tuttavia, delle lodevoli eccezioni e non si è mancato e non mancherà di segnalarle. In ogni caso, reputo vada fermamente ribadito quanto già sottolineato in qualche circostanza: tra il compiere ripetuti accessi a locali mediocri (talora, ma non è detto, meno costosi) e più rare visite a ristoranti eccellenti, di costo generalmente (ma, anche in questo caso, non è sempre detto) più oneroso, la saggezza comunque impone di preferire il secondo approccio. Il fatto è che alta qualità, prezzi contenuti e generale correttezza di comportamento – qual è, ad esempio, il rilascio di regolari ricevute fiscali – abbisognano di osti di non comune intelligenza e capacità professionale, fortemente appassionati per il proprio lavoro – spesso vissuto alla stregua di un’autentica missione – disposti a compiere non pochi sacrifici personali per i propri – realmente amati – clienti. Gli indicati già alquanto scarsamente ricorrenti presupposti soggettivi debbono potersi poi estrinsecare in un contesto organizzativo dell’impresa di ristorazione ancora più raramente realizzabile nell’assetto ottimale. Occorre, infatti, combinare una serie di elementi atti a consentire il forte contenimento dei costi e la massificazione dei ricavi.

Sotto questo profilo sono elementi paradigmatici una conduzione dell’azienda a carattere esclusivamente o principalmente familiare, l’utilizzo di locali di proprietà risalente, l’opportunità di realizzare una calibrata ottimizzazione degli spazi (distribuzione dei tavoli ovunque sia ragionevolmente fattibile, con semplice modificabilità dell’assetto di base) e la valorizzazione dell’accesso della clientela.

Una perfetta combinazione dei fattori soggettivi e organizzativi in precedenza richiamati è lo straordinario ristorante “di quartiere” di cui oggi si parla: la romana “Tavernaccia”, collocata ai margini del popolare quartiere del Testaccio, non lontano da dove, la domenica , si sviluppa l’ormai storico (ma oggi piuttosto degradato) mercatino di Porta Portese. Il locale, di ridotte dimensioni, composto da una sala grande e da una saletta, si avvia a festeggiare il mezzo secolo di apertura e, all’attualità, è brillantemente condotto dalle figlie dei fondatori. La “Tavernaccia” è un tempio della ristorazione romana, dove la qualità delle materie prime si sposa, là ove occorre, ad un’impeccabile manipolazione. A monte di tutto vi è però una quasi maniacale attenzione per gli approvvigionamenti.

Parlando di antipasti, tra gli ottimi affettati, valga l’esempio del prosciutto crudo (da sposare con la focaccia croccantella, preparata all’istante nel forno a legna, e con la squisita mozzarella di bufala): i prosciutti sono scelti alla produzione e vengono stagionati direttamente dai responsabili del locale. Tra i primi piatti non possono essere passati sotto silenzio i rigatoni con pajata o all’ amatriciana e i tajolini variamente proposti, sebbene siano assolutamente da provare le straordinarie minestre e, il giovedì, gli immancabili gnocchi. Ampia, se rapportata alle dimensioni del locale, la scelta dei secondi: maialino o abbacchio al forno con patate, filetto di vitello alla fornara, coda alla vaccinara, melanzane alla parmigiana, trippa alla romana (perfetta!), baccalà (squisito) nonché varie lombate e bistecche sono opzioni che rappresentano un sicuro approdo di felicità per il palato. Su tutte le proposte, tuttavia, prevalgono gli involtini di manzo alla romana, in cui la carne si scioglie in bocca, il sapore del sedano non prevalica (come spesso accade) e l’abbondante salsa di pomodoro – sobbollita alla perfezione – invita a trionfali scarpettature… Da non perdere, tra i contorni, i carciofi alla romana, tra i migliori della città. Sui dolci, la produzione, rigorosamente casalinga, consente felicissime esperienze e per gli appassionati del formaggio di fine pasto non mancano mai gradevoli varietà da degustare.

La cantina è curata con attenzione e raffinatezza e reca proposte di buona e, talora, ottima qualità, con ricarichi assolutamente contenuti. Parimenti assai calmierati sono i prezzi in generale, con la conseguenza che la Tavernaccia risulta un locale con un eccezionale rapporto costi/qualità. Ne deriva l’assoluta indispensabilità della prenotazione, meglio programmando la visita con qualche giorno di anticipo.

Roma – La Tavernaccia Via Giovanni da Castelbolognese 63 – telefono: o6/5812792 Chiuso il mercoledì