Nella ricerca siamo troppo provinciali per competere a livello internazionale

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Nella ricerca siamo troppo provinciali per competere a livello internazionale

29 Aprile 2011

E’ terminato qualche giorno fa, dopo una settimana di confronti tra quattro studenti per ciascuna delle 260 università di legge provenienti da 65 paesi, il MOOT la competizione di diritto dell’arbitrato internazionale che laurea come migliore università di legge per l’anno 2011, l’Università di Ottawa (Canada). A decidere sono stati oltre 150 tra docenti universitari, avvocati ed esperti di diritto arbitrale designati dalla camere arbitrali di mezzo mondo tra cui spiccava Lucy Ree senior partners de Freshfields Bruckaus Deringers LLP New York (terzo studio al mondo per la controversie commerciali) il prof Loukas Mistelis (inglese della Queen Mary school of Law) e il dr Peter Bilder (austriaco autore del commentario più diffuso in materia commerciale internaziole).

I loro nomi non dicono nulla a noi ma sono loro gli individui di cui si lamentano Darhendorf e Habermas quando parlano di elite politica ellittica padrona del nuovo potere finanziario. Quest’anno a presiedere il collegio del confronto finale c’è stato il Prof  Stefano Azzali, in qualità di segretario generale della camera arbitrale di Milano (quest’anno era applicato il regolamento arbitrale italiano il prossimo anno toccherà a quello Cinese).

Il MOOT è nato per iniziativa dell’ONU e si occupa attraverso l’UNCITRAL di diffondere nel mondo della Convenzione di Vienna per la soluzione in sede arbitrale delle controversie commerciali. Quest’anno vi hanno partecipato tra le altre: 52 università USA, 21 Tedesche, 17 Inglesi, 13 francesi, 8 Svizzere, 8 Australiane, 6 Russe, 5 Spagnole e …. 2 Italiane: la Bocconi di Milano e il Politecnico di Torino. Hanno fatto meglio di noi India (14) Brasile (12) Korea (8) Polonia Olanda e Ucraina (5 a testa), Mexico Finlandia Giappone e Turchia (3 a testa). Per fortuna l’Italia è la patria del diritto!

Il MOOT si svolge ogni anno a Vienna e riunisce i migliori studenti e neolaureati in legge delle università e delle Scuole di formazione per avvocati del Mondo: Yale, Harward, London school of Enonomics, University of Munich, University of Berlin, Paris bar School, University Parsi 1 Pantheon Sorbonne. La competizione prevede l’accesso a Vienna solo dopo una prima scrematura internazionale all’esito del confronto su un caso giuridico (quest’anno la compravendita di una partita di gamberetti con pregiudiziale di incompatibilità per un arbitro per collegamento con una delle parti).

A Vienna arriva l’eccellenza dell’eccellenza studentesca delle scuole giuridiche le quali si confrontano una volta assumendo il ruolo di parte attrice e la successiva quella di convenuto. Al termine di una prima fase a gironi passano le 64 università che hanno ricevuto il miglior punteggio. Poi gli scontri diretti fino alla finale: quest’anno tra Università di Ottawa e l’Università di Montevideo (che aveva eliminato la Bocconi di Milano agli ottavi finale).

L’Italia non solo è da sempre scarsamente rappresentata ma non aveva mai passato la fase a gironi tranne cinque anni fa restando però in lizza per un solo turno. Anche quella volta era stata la Bocconi di Milano (una università privata!) a passare il turno (la LUISS nel 2010 è stata eliminata nella fase a gironi), quest’anno però il team milanese si è superato arrivando ai quarti di finali e conquistando con due suoi studenti (Villy de Luca e Ana Grbec) la menzione d’onore per l’oratoria.

La Statale di Milano ha partecipato anche lei nel 2010 ma il corpo docenti pare consideri il MOOT un lusso e la competizione internazionale poco formativa. E c’è da credere che la maggior parte dei presidi di giurisprudenza delle università statali italiane motiverebbero nello stesso modo il loro disinteresse.

Rimane il fatto che i livello dei nostri corsi universitari è licealizzato e per il livello di preparazione dei nostri studenti e per lo scarso aggiornamento dei docenti. E rimane il dubbio che le nostre Università statali non partecipino al MOOT perché per competervi occorre parlare e scrivere fluently and technically correct l’inglese e almeno un’altra lingua straniera e questo è rarissimo nelle nostre università sia versante studenti sia versante docenti.

In compenso abbiamo più avvocati della Francia e dei paesi del Benelux messi insieme; più università statali e private della Gran Bretagna (impazzano quelle telematiche); più docenti universitari della Germania. Non stanno meglio le nostre istituzione giuridiche: il Ministro della Giustizia dovrebbe accertare quanti dei nostri magistrati di ogni ordine e grado parlano e scrivano l’inglese (anche un semplice social english) e quanti dei nostri Avvocati dello Stato. Mentre il Ministro della Pubblica istruzione dovrebbe fare altrettanto con i docenti universitari. O forse non hanno necessità di farlo perché conoscono la situazione.

Il Governo Berlusconi si è più volte impegnato a computerizzare gli uffici e fare dell’inglese materia obbligatoria fin dalle scuole inferiori ma si è dovuto arrendere di fronte alla carenza di personale docente adeguato.

"Un uomo ha tante teste per quante lingue parla" recita un vecchio brocardo, gli italiani dopo 40 anni di scuola obbligatoria, di conflitti sui sussidiari scolastici, di contestazione studentesca continuano ad averne una sola come i loro studenti. Però a Berkeley, all’università di Monaco, Parigi, dove pure la contestazione è stata dura, ne hanno più d‘una. Come ormai ne hanno più d’una anche gli studenti di Kiev a Brasilia Pechino e Melbourne.

Speriamo che la riforma Gelmini regali docenti più preparati e motivati perché il MOOT e le tante altre iniziative internazionali cui i nostri studenti non partecipano per loro limiti e limiti dei loro docenti, stanno formando e compattando la classe dirigente del mondo globale: quella di Davos, della Trilateral Commission, dell’Aspen e anche quella delle multinazionali che raiderano tranquillamente nel nostro e impediscono all’Italia di fare altrettanto nei loro quella che occuperanno i vertici degli organismo politici ed economici internazionali e europei. Spesso grazie alle intelligenze di quei pochi nostri studenti che ottengono all’estero occasioni e riconoscimenti da noi inesistenti. Dopo la guerra, Churcill amava dire che nel futuro le nazioni dominanti sarebbero stati "imperi del pensiero", solo in Italia ancora non l’abbiamo capito.