New York non ha dimenticato gli “invisibili” dell’11 Settembre
22 Novembre 2010
L’11 settembre 2001 è una data scolpita nella memoria collettiva e centrata su quelle fatidiche ventiquattro ore che cambiarono il mondo. Ma gli effetti di quella giornata si manifestano ancora oggi e non solo sulla politica internazionale. Il crollo delle Twin Towers è stata una tragedia che ha prodotto pesanti effetti anche sulla salute di quelle migliaia di lavoratori impegnati nel recupero delle vittime e nella rimozione delle macerie delle Torri Gemelle.
Oltre alle circa 3.000 vittime e 6.000 feriti provocati direttamente dal duplice attentato terroristico, ci sono 10.000 tra pompieri, poliziotti e operai che sono stati colpiti da gravi patologie. Le esalazioni delle macerie, i cumuli di polvere, i vapori tossici hanno prodotto malattie respiratorie come asma, fibrosi polmonare e persino cancro. Così, per sette anni, queste migliaia di vittime “invisibili” hanno ingaggiato un duro contenzioso con l’amministrazione di New York, le assicurazioni e le imprese per ottenere un risarcimento.
Solo pochi giorni fa, a quasi dieci anni dal 9/11, dopo mesi di estenuanti trattative tra avvocati, le parti lese hanno effettuato un referendum interno con cui il 95,1% dei lavoratori ha approvato la somma totale del risarcimento 625 milioni di dollari proposta dalle autorità. Una somma inferiore ai 712 milioni proposti nello scorso giugno, ma quella cifra non tutelava le eventuali patologie che sarebbero sorte in futuro – per questo è stata respinta. Invece la nuova proposta accolta prevede questa triste ipotesi, anche se a ciascuno toccherà una fetta minore.
Tuttavia in base al sistema legale americano, anche di fronte al riconoscimento di un danno e al conseguente rimborso, più o meno proporzionato, la parte lesa deve pagare le spese processuali e soprattutto deve versare al suo avvocato il 25% del rimborso. Per i casi minori, queste clausole rischiano di annullare il beneficio stesso del rimborso.
La questione dei danni alla salute prodotti dall’inquinamento atmosferico prodotto dal 9/11 è un tema poco conosciuto all’estero, ma non in America, dove è anche il soggetto di famosi cine-documentari, come “Sicko” di Michael Moore. Per poco non scoppiava uno scandalo quando si scoprì che oltre il 40% dei lavoratori impegnati a Ground Zero era privo di assistenza sanitaria. Si arrivò a sfiorare la crisi politica quando l’allora direttrice dell’EPA, l’Agenzia federale per la Protezione dell’Ambiente, Christine Todd Whitman, il 18 settembre 2001 dichiarò ai newyorchesi che l’aria della città era sufficientemente pulita.
Insieme a Rudy Giuliani, all’epoca sindaco della Grande Mela, la Whitman decise di riaprire l’area di Ground Zero – anche per riprendere velocemente le contrattazioni a Wall Street, un segnale fondamentale per dire al mondo che l’America era di nuovo in piedi. Sono solo infamie dei democratici lanciate contro i repubblicani Whitman e Giuliani? La giustizia sta ancora indagando.
Quella sui risarcimenti ai lavoratori dell’11 Settembre è una storia tipicamente americana, dove il prologo è una tragedia imbevuta di spirito civico e dedizione patriottica, e l’epilogo, se non offre una completa giustizia, quanto meno punisce i torti e tutela le vittime. L’eroismo dell’America non è solo quello che si esibisce nei soliti gesti plateali, insomma. E’ anche nella lotta silenziosa e nell’altruismo reciproco portata avanti dalle vittime invisibili del 9/11, sopravvissuti al 9/11 ma non ai suoi effetti.