
No alla legge sull’omofobia perché fa figli e figliastri

25 Luglio 2014
Cosa accadrebbe se la proposta di legge Scalfarotto contro l’omofobia fosse definitivamente approvata? Lo si può immaginare anche grazie a un caso recente, quello dell’insegnante di una scuola cattolica di Trento, “licenziata perché lesbica”, come hanno scritto i giornali. Insomma, “l’ennesimo episodio di discriminazione”, e vai con il polverone politico e con le dichiarazioni scandalizzate. In realtà la prof, che ha lanciato le sue accuse conservando l’anonimato, non è stata licenziata. Le è semplicemente scaduto il contratto, insieme ad altri 30 insegnanti, e, come agli altri, non le è stato rinnovato causa situazione di crisi economica.
Alle scuole paritarie peraltro, come ai sindacati e ad altri enti definiti “di tendenza”, si riconosce un’esplicita necessità di selezione del personale sulla base di una condivisione dei contenuti. Per intenderci, la Cgil non assumerà mai un militante di destra, e nessun magistrato lo potrà considerare un atto discriminatorio. Ma il punto è un altro: gli altri trenta insegnanti, tra cui magari ci sono padri e madri di famiglia in situazione di maggiore necessità, sono rimasti nel cono d’ombra dell’irrilevanza, e solo per l’anonima signora è stata scatenato l’inferno. Se fosse già operante una norma anti-omofobia probabilmente la docente lesbica avrebbe potuto ricorrere in tribunale, e gli altri no. A meno di non dichiararsi tutti omosessuali discriminati.