Noi, Romeo e la verità
06 Marzo 2017
Nel mare magnum del cosiddetto caso Romeo vi sono agli atti alcuni brandelli di conversazioni relative a una vicenda che riguarda anche me. Ve la racconto. In parte la storia è nota, in parte forse no. In ogni caso ne vale la pena. Maggio 2016. La marcia trionfale di Matteo Renzi verso il referendum costituzionale, al quale pochi mesi prima l’allora premier aveva legato la sua permanenza sulla scena politica, procedeva spedita e inarrestabile. Sull’Italia gravava una cappa illiberale e opprimente. Il carro del No era ancora sgangherato e assai poco popolato, ma uno dei crucci principali di Renzi era impedire che quella eresia minoritaria potesse trovare qualche pertugio di libertà in una informazione militarizzata. Bisognava estendere il controllo anche ai giornali di opposizione.
E’ in questo clima che improvvisamente Maurizio Belpietro, schierato per il No, viene rimosso dalla direzione di “Libero”. Da quel giorno il quotidiano cambia linea sul referendum. Belpietro non si piega. Verga il suo addio a “Libero” invocando a tutta pagina “Un No contro il pericolo Renzi” e inizia a pensare a come darsi da fare. In quel periodo io stavo lavorando alla costituzione di un comitato per il No. Conosco Maurizio da tanto tempo, così gli propongo di diventarne il portabandiera. Ma lui non intende rinunciare al suo mestiere di giornalista. Lavora a un libro, “I segreti di Renzi”, nel quale svela retroscena e intrecci di potere la cui rivelazione a parti invertite avrebbe provocato serie conseguenze. Soprattutto, pensa a un nuovo giornale.
Quando l’idea di Belpietro di intraprendere da zero (e in tempi record) una iniziativa editoriale prende forma, decido di dargli una mano. In un Paese nel quale gli spazi di libertà si andavano pericolosamente riducendo al lumicino, con l’area del centrodestra pesantemente sotto attacco e quasi priva di mezzi di comunicazione, contribuire a garantire l’esistenza di una voce indipendente era ai miei occhi un atto politico di indubbio significato.
Attraverso una specie di “call” vengono informati del progetto gli imprenditori che nel tempo avevano avuto rapporti con la fondazione o dato contributi finalizzati alla realizzazione di progetti specifici, tutti rigorosamente registrati e riportati nei bilanci consultabili di Magna Carta. Fra questi Alfredo Romeo (siamo in epoca nettamente antecedente alle prime notizie sul caso Consip, e nella sua precedente vicenda giudiziaria era stato assolto. L’azienda di Romeo lavorava per tutte le principali istituzioni dello Stato, Procure della Repubblica comprese). Con lui, peraltro, l’interlocuzione risulta facilitata dal suo rapporto di collaborazione con Italo Bocchino, esperto di editoria nonché mio “omologo” alla Camera quando io ero vicecapogruppo del PdL al Senato, e soprattutto dal fatto che, quando mi era capitato di parlare con Romeo, le nostre conversazioni si erano sempre limitate a scambi di vedute su temi politici e mai neanche lontanamente avevano lambito questioni di affari.
Affinché l’iniziativa a sostegno de La Verità andasse in porto ho incontrato Bocchino, e a volte lo stesso Romeo. Non solo loro, ovviamente. Diversi fra gli imprenditori contattati hanno accettato di contribuire, in assoluta trasparenza, e l’intero ammontare delle erogazioni è stato utilizzato da Magna Carta per sostenere La Verità entrando con una quota minoritaria. Senza chiedere nulla in cambio, senza avere trattamenti di favore (come è facile constatare), senza la pretesa e neppure la lontana intenzione di condizionare un giornale che ha come ragione sociale l’assoluta indipendenza e libertà. Né del resto, per amor del vero, nessuna forma di pressione, a quanto mi risulta e certamente non per mio tramite, è stata mai lontanamente esercitata da Romeo o da Bocchino.
Perché l’ho fatto? Semplice: si è trattato di una scelta totalmente politica. La stessa scelta politica che ha indotto Idea a “prestare” per molti mesi due senatori a Raffaele Fitto affinché il suo gruppo parlamentare non venisse sciolto a seguito delle incursioni di Denis Verdini fra le sue truppe. Lo stesso gratuito senso di militanza che ha consentito a me e agli amici di Idea di dar vita con fatica e passione all’unico partito interamente autofinanziato, che vive per il 70 per cento dell’autotassazione dei parlamentari e per il 30 per cento delle quote di adesione degli iscritti.
Mi rendo conto che la gratuità in politica è merce rara. Mi rendo conto che a qualcuno può non piacere, perché talvolta accade che la forza di una passione pulita e disinteressata consenta a Davide di battere Golia, i suoi affari e i suoi opachi interessi privati. E’ un po’ la storia del referendum e di chi si era affrettato a salire sul carro del presunto vincitore. Mi rendo conto che a qualcuno ancora bruci. Ma questa è La Verità, e tutto questo è per la verità.