Non basta il regime, anche un ciclone si abbatte sulla Birmania

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Non basta il regime, anche un ciclone si abbatte sulla Birmania

05 Maggio 2008

La furia della natura si abbatte sul Myanmar. Il ciclone tropicale “Nargis” -così è stato battezzato – ha devastato al suo passaggio vaste aree del Paese. La forza distruttrice di “Nargis” è partita dal Golfo del Bengala e, continuando verso est, ha imperversato già a partire dalla notte di venerdì con raffiche tra i 190 e i 240 chilometri orari. Si contano oltre 350 morti e più di 92.000 sfollati. Secondo fonti del Ministero dell’Informazione, raccolte dall’agenzia “Afp”, i morti sarebbero 19 nella regione di Rangoon e 222 in quella vicino al delta del fiume Irrawaddy. Nell’isola di Haing Gyi, a sud-ovest del Paese, le persone che hanno perso la vita sono 100 e la tv di Stato ha precisato che nella località di Lubutya, il 75 per cento delle case sono state distrutte. Danni ingenti si calcolano nelle città di Laputta e Kyaik Lat, migliaia i senza tetto ai quali il ciclone ha scoperchiato e raso al suolo le case.

Le strade sono impraticabili, poiché invase dai detriti e dai tronchi d’albero abbattuti, mentre l’ex capitale Rangoon è rimasta senza acqua potabile, energia elettrica e con le comunicazioni interrotte. Stessa situazione nelle zone di Pegu, Mon e Karen. Gli approvvigionamenti d’acqua potabile per adesso -ma non si sa per quanto – sono garantiti dai pochi negozi rimasti aperti e la fila della gente che cerca acqua si allunga di ora in ora. Sempre a Rangoon l’aeroporto è chiuso, ma probabilmente dovrebbe essere riaperto già nella giornata di oggi. Per il momento tutti i voli sono reindirizzati verso Mandalay; mentre l’agenzia di stampa cinese “Xinhua” riferisce che i residenti dell’ex capitale si stanno organizzando in squadre per rimuovere tronchi e detriti che ostruiscono le vie.

La giunta militare guidata dal generale Than Shwe ha proclamato lo stato di calamità. Per l’ONU serviranno giorni prima di potere quantificare il numero preciso delle vittime e dei danni. L’opposizione al regime militare spera che il governo consenta alle Ong di potere entrare nelle zone del disastro e prestare i necessari soccorsi. L’ex Birmania, infatti, è una delle nazioni più povere al mondo e il ventennale regime militare ha inesorabilmente peggiorato le condizioni di vita dei cittadini. Il Pil nazionale solo per lo 0,3 per cento finanzia la Sanità, mentre oltre il 50 per cento se ne va in investimenti per le spese militari. Impotenti, da mesi, si assiste al propagarsi di una delle più violente epidemie di Aids di tutto il Sudest asiatico. I contagi aumentano sia perché la Birmania è una delle direttrici principali del traffico di eroina, sia per il dilagare del commercio sessuale senza precauzioni. Il dato diventa ancora più drammatico nelle zone di confine, dove vivono – costrette dal regime – le minoranze etniche e dentro le quali è difficile raccogliere dati ufficiali sulle condizioni del contagio. Il rapporto “Unaids” dell’ONU calcola in Birmania 360.000 malati di aids.