Non è con l’abolizione del listino che si restituisce rappresentatività alla classe dirigente

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Non è con l’abolizione del listino che si restituisce rappresentatività alla classe dirigente

04 Ottobre 2011

Troppo facile. Scontato. Perché può anche essere condivisibile il pensiero del capogruppo dell’Idv, Carlo Costantini, ma ingaggiare in queste ore una battaglia “antilistino”, proprio quando vengono resi noti i dati sul referendum relativo all’abrogazione dell’attuale legge elettorale, cavalcando un sentimento popolare che ha anche altre motivazioni, ricorda un po’ l’effetto della pioggia sul bagnato.

Spieghiamo i fatti: prendendo spunto dall’acceso dibattito sulla legge elettorale, Carlo Costantini invita il Consiglio regionale a ragionare nella stessa maniera: visto che il listino è un elenco di sette privilegiati, dice, va subito eliminato.

Sotto certi aspetti si può essere d’accordo con tale presa di posizione. Anzi, dovrebbe sapere il capogruppo dell’Idv, che il governo regionale è talmente d’accordo da aver già da tempo avviato una seria riflessione sul punto. In Commissione Statuto, infatti, è in discussione la nuova legge elettorale, che prevede non solo l’abolizione del listino, ma una rielaborazione dell’intero sistema.

E’ chiaro dunque che questa fuga in avanti, fatta evidentemente a soli scopi propagandistici, poteva essere risparmiata. E ben più utile, in questo momento, sarebbe un diverso atteggiamento da parte delle opposizioni. Piuttosto che confondere l’opinione pubblica con slogan elettorali, sarebbe il caso di confrontarsi, con obiettività e lungimiranza, su ciò che davvero è necessario per ristabilire il giusto rapporto tra istituzioni e cittadini, che tra i tanti, è forse il male maggiore che oggi la classe dirigente si trova ad affrontare.

Si potrebbe andare avanti all’infinito a discutere di sistemi elettorali. La storia, l’esperienza di chi certamente ha avuto ed ha maggiore autorevolezza sull’argomento, ci invitano a comprendere che non può esistere in astratto il sistema perfetto, perché comunque lo si scelga avrà pregi e difetti e ciò che può andare bene in una fase storica, rischia di rivelarsi inadeguato nel futuro.

Bisogna piuttosto saper affrontare la complessità e ragionare in questi termini, senza cedere alla tentazione di mettersi a sventolare bandiere propagandistiche che ruotano a seconda di come gira il vento. Tanto più che l’ultima manovra economica approvata dal governo avendo ridotto il numero dei consiglieri regionali, rende necessaria anche una riforma complessiva del meccanismo elettorale regionale. Affrontare la complessità dunque. E quindi, per prima cosa osservarla. E stilare un elenco di priorità.

Una è certamente la necessità di dotarsi, a qualsiasi livello, di governi stabili e duraturi. Urgenza che ne porta con sé immediatamente un’altra: risolvere il deficit di rappresentanza. I cittadini oggi soffrono: la crisi, le incertezze per il futuro, la mancanza di punti di riferimento. E i partiti non riescono più ad assolvere il loro compito primario, che è appunto quello di porsi a metà strada tra il popolo e le istituzioni.

Di fronte a questo deficit di rappresentanza, è giocoforza che la classe dirigente debba essere scelta altrove, non avendo più i partiti la necessaria autorevolezza. Meglio, perciò, che siano i cittadini ad assolvere questo compito. Ma tutto ciò è necessario ora. Ora che la governabilità è a rischio, ora che il Paese è alla ricerca di una nuova architettura costituzionale.

Ora, soprattutto, che i politici e la classe dirigente, nessuno escluso, deve dimostrare qualcosa in più: di avere il coraggio di rimettersi al giudizio più severo ma più importante, quello della gente.