Non è tutta colpa della turbofinanza: questa è una crisi di competitività
01 Giugno 2010
“Questa crisi è soprattutto una crisi di competitività”. Questa sintetica affermazione costituisce l’essenza delle Considerazioni finali lette dal Governatore della Banca d’Italia.
Dopo avere esaminato l’evoluzione e le cause prossime della crisi che ha turbato l’area dell’euro, Draghi ha voluto ricordare che il cuore del problema è la storica incapacità dell’Europa di accrescere la produzione e essere competitiva in un mondo in rapida evoluzione. Certo, le iniziative volte a integrare il quadro normativo regolamentare della finanza sono importanti, e Draghi non ha mancato di sottolineare il contributo messo in opera in tal senso dal Financial Stability Board, ma, ha sottolineato Draghi, “una stabilità duratura dei mercati si ha solo con la ripresa della crescita”. Finalmente dopo tanto parlare di nuove regole, nuovi vincoli, nuovi standard legali qualcuno ha il coraggio di riconoscere che la turbofinanza non è il problema principe; la crescita, e le sue determinati, debbono essere al centro della azione di politica economica dei governi, in particolare di quelli del vecchio continente.
Ecco che da questa diagnosi la ricetta Draghi fa seguire, e rinnova, l’appello alla adozione di politiche strutturali per rafforzare lo sviluppo economico nel lungo periodo. Obiettivi di carattere strutturale dovrebbero essere oggetto di un Patto tra i paesi della UE con vincoli e impegni cogenti. Tra le priorità di intervento Draghi evidenzia l’obiettivo di accrescere la partecipazione al mercato del lavoro per giovani e anziani e la concorrenza nel comparto dei servizi.
Per il nostro paese la ricetta Draghi non si discosta da quanto auspicato per l’Europa nel suo complesso. L’Italia presenta molti punti di forza che ci hanno messo al riparo dalle conseguenze più gravi della tempesta finanziaria di questi giorni: le famiglie italiane presentano livelli di indebitamento e di patrimonializzazione in rapporto al reddito tra i più favorevoli nell’area dell’euro; il debito netto verso l’estero dell’Italia è tra i più bassi.
Tuttavia, anche per il nostro paese, la correzione dei conti pubblici va accompagnata con le riforme strutturali da tempo in cantiere, che la crisi rende, semmai, più urgenti. Tre le linee di azione indicate nel discorso del Governatore. Completare il mercato del lavoro, superando la segmentazione e stimolando la partecipazione; solo 36 italiani su 100 di età compresa tra 55 e 64 anni sono occupati, contro 46 nella media europea, 56 in Germania. Nell’ultimo trentennio, a fronte di un aumento della speranza di vita di oltre 5 anni, l’età media effettiva di pensionamento nel settore privato è salita di circa due anni. Draghi lo dice chiaramente: "occorre prolungare la vita lavorativa" e non è vero che il rinvio del pensionamento sottrae posti di lavoro ai giovani; i paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile, ci ricorda il Governatore.
Occorre ripensare il perimetro e l’articolazione della pubblica amministrazione; accrescerne la produttività attraverso la valutazione dell’operato dei dirigenti e delle strutture. Vincoli di bilancio più stringenti accompagnati dalla necessaria autonomia impositiva possono rendere più trasparenti i costi fiscali delle decisioni e accrescere la responsabilizzazione dei centri di spesa. Il Governatore riconosce esplicitamente che il federalismo fiscale può concorrere ad accrescere l’efficienza nell’uso delle risorse a livello locale.
Infine, l’evasione fiscale – definita macelleria sociale nelle parole di Draghi pronunciate discostandosi dal testo della relazione – è un freno alla crescita. Il Governo ha introdotto misure di contrasto in tal senso, con l’obiettivo di ridurre il disavanzo, ma la riduzione dell’evasione può essere una leva di sviluppo perché consente la riduzione delle aliquote.
La sfida quindi è strutturale, non solo congiunturale. Essa va affrontata – conclude Draghi – con una dimensione di respiro europeo e nella consapevolezza che il nostro paese nei suoi centocinquanta anni di storia ha saputo affrontare con successo riforme strutturali anche più impegnative di quelle che abbiamo dinanzi.