Non fateci caso, anche la Siria ha ripreso il suo programma nucleare

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Non fateci caso, anche la Siria ha ripreso il suo programma nucleare

04 Giugno 2010

Nei giorni scorsi è apparso il report annuale dell’Istituto internazionale di Stoccolma per le ricerche sulla pace  (SIPRI), che riporta all’attenzione degli osservatori il caso della Siria, un Paese che starebbe sviluppando un programma nucleare militare grazie alla tecnologia e all’assistenza fornita dalla Corea del Nord. Nell’anno in cui il processo di denuclearizzazione ha raggiunto risultati significativi grazie all’accordo START II per la riduzione delle armi nucleari, siglato tra Washington e Mosca,  l’autorevole istituto svedese riserva evidenti preoccupazioni per il rischio di proliferazione nel Vicino Oriente.

Si ritiene che la Siria, Stato membro del Trattato di Non Proliferazione Nucleare dal 1969, detenga un rudimentale programma nucleare, con un solo reattore attivo all’interno del centro di ricerca nucleare di Dayr Al Hajar, nella Siria sud-occidentale. Nel corso degli ultimi vent’anni, sono stati soprattutto statunitensi ed israeliani a sostenere che il programma nucleare siriano nascondesse ambizioni militari. Nel 1991, Damasco è finita osservazione per l’acquisto dai cinesi del reattore di Dayr Al Hajar (acquisto che Washington alla fine deciderà di non ostacolare). Nel 1998 entra in gioco la Russia, la quale firma con la Siria un accordo di cooperazione per il nucleare ad uso civile: Mosca si impegna a fornire un reattore ad acqua. Nel 2003 un nuovo accordo formalizza la promessa russa; il Cremlino, tuttavia, avverte che l’attenzione internazionale sulla Siria è aumentata e decide di non onorare l’impegno. 

A seguito dell’11 settembre 2001, infatti, l’equazione americana prevede a più riprese l’identità Damasco/sviluppo di armi di distruzione di massa. Nel 2003, in un intervento che l’allora Sottosegretario di Stato per il controllo  degli armamenti, John Bolton, doveva tenere di fronte alla Sottocommissione per le Relazioni Internazionali della Camera dei Rappresentanti, si sosteneva che “lo sviluppo da parte della Siria di armi chimiche, biologiche e nucleari ha raggiunto un punto tale da rappresentare una minaccia per la stabilità nella regione”.  La CIA e altre agenzie di intelligence statunitensi si opposero all’affermazione del Sottosegretario, perché ritenuta esagerata; Bolton omise il riferimento alla Siria dal suo intervento.

Il 6 settembre 2007, Israele monta la "Operazione Frutteto": jet dell’aviazione bombardano un sito chiamato Al-Kibar, dislocato nei pressi della città di Deir ez-Zor. Nell’aprile del 2008, il direttore della CIA Michael Hayden,  divulga un video che dimostrerebbe come il sito di Al-Kibar occultasse un reattore nucleare a grafite, simile al reattore nordcoreano del complesso di Yongbyon. Il video conteneva inoltre immagini satellitari del sito e del reattore in fase di costruzione; fotografie che ritraggono i direttori dei programmi nucleari di Siria e Corea del Nord stringersi la mano. Il Governo siriano si difende affermando che l’edificio distrutto dagli israeliani era in realtà una base militare in disuso, in nessun modo legata ad attività militari. Sta di fatto che dalla seconda metà del 2008 in avanti, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) lamenta una non completa cooperazione da parte siriana al fine di accertare la veridicità delle sue dichiarazioni. Il SIPRI sottolinea come all’AIEA siano consentite ispezioni a condizione che «non vadano a detrimento della sicurezza nazionale»; inoltre gli ispettori non hanno accesso a tre siti ritenuti collegati alle attività di Al-Kibar.

Ora l’AIEA – sotto la direzione del giapponese Yukio Amano dal luglio del 2009 –  potrebbe richiedere una rara “ispezione speciale” dei siti siriani. Nel caso la Siria ponesse il veto, si rischierebbe l’avvio di una nuova impasse internazionale sul tema del nucleare, da aggiungere al dossier nordcoreano e al nodo iraniano.