Non mettiamoci la mano sul fuoco ma la Libia sembra allontanarsi dall’Italia
07 Ottobre 2011
Sono trascorsi quasi otto mesi dall’inizio della rivoluzione anti-Gheddafi in Libia. Oltre all’attività strettamente militare i rivoluzionari libici hanno, fin dal mese di Febbraio, lavorato alla costruzione di organi addetti alla gestione del post-Gheddafi, di modo tale da non lasciare il Paese allo sbaraglio una volta cessato il fuoco. Il Cnt (consiglio nazionale di transizione) è nato proprio per questo scopo, riunendosi per la prima volta nel Febbraio 2011 a Beida, e spostandosi successivamente prima a Bengasi e poi nella Tripoli liberata. Le due figure di maggior spicco all’interno del consiglio possono essere individuate in Mustafà Adb-al-Jalil,che ha assunto fin dall’inizio la leadership del gruppo, e in Abd-al-Hafiz Ghoqa, avvocato esperto in diritti umani, che svolge principalmente il ruolo di portavoce. Nell’ambito dell’esecutivo creato dal Cnt per gestire provvisoriamente le dinamiche interne e i rapporti con i Paesi esteri, ricordiamo invece il primo ministro Mohammud Jibril.
Questi (e non solo), sono gli uomini della nuova Libia, coloro che dovranno, mattone dopo mattone, rimettere in piedi un Paese che annaspa nelle ceneri della guerra civile. Il compito che li attende non è certo dei più semplici, ma possiamo dire in tutta franchezza, che fino ad ora non hanno preso iniziative brillanti o meritevoli di plauso. La guerra infatti non è ancora finita; si combatte contro le ultime sacche della resistenza lealista che però non sembravo volersi arrendere, e di fatto, Sirte e Bani Walid non sono ancora passate sotto il controllo dei rivoluzionari, nonostante i titoli dei giornali celebrino ogni giorno i piccoli progressi nell’avanzata delle azioni di conquista. Era attesa inoltre per l’inizio della scorsa settimana, la comunicazione del varo di un nuovo governo, stavolta non più provvisorio, che potesse interfacciarsi con gli altri attori internazionali e parlare a nome del popolo libico. Nemmeno su questo fronte sembra si sia giunti ad una conclusione. Le voci di crescenti spaccature e numerose divergenze all’interno dei membri del Cnt, che circolavano in verità da tempo, sono state confermate non solo da diverse dichiarazioni alla stampa di personalità interne al consiglio che, naturalmente, hanno richiesto di restare anonime; ma ciò che realmente ha dissipato ogni dubbio sono stati i fatti.
E i fatti ci dicono che il nuovo governo che tutti aspettavano non è stato varato la scorsa settimana, e a quanto risulta dalle ultime dichiarazioni, non sarà nominato prima della conclusione dei combattimenti in ogni area del Paese. Alcun dei membri interni al Cnt che hanno rilasciato le dichiarazioni in forma anonima, hanno affermato senza mezzi termini che le dispute interne al consiglio non sono altro che il risultato di una vera e propria lotta di potere, perché si sa, chi detiene il potere, detiene anche la ricchezza. Ciò non giova di certo all’immagine del Cnt che sembra, per il momento, brancolare davvero nel buio. Un atteggiamento più forte e deciso i membri del Cnt, e in particolar modo il Primo Ministro Jibril, lo hanno sfoderato tuttavia in occasione dell’incontro degli scorsi giorni con il nostro Ministro degli Esteri Frattini, in visita ufficiale nella Tripoli liberata. È subito stata notata l’accoglienza piuttosto gelida della città che, solo un paio di settimane prima, aveva accolto Sarkozy e Cameron con un vero e proprio bagno di folla. Lo scudo usato per giustificare questa evidente differenza è stato il fatto che la visita di Frattini è avvenuta di venerdì,giorno di festa, in cui le strade della città sono solitamente semi vuote.
In ogni caso, bagni di folla a parte, non si può certo dire che l’accoglienza degli esponenti del mondo politico post-Gheddafi sia stata poi così differente. Provvisori che siano, sono Jibril e simili a rappresentare il popolo libico per il momento, e nonostante le dichiarazioni (abbastanza di circostanza) sulla gratitudine per l’impegno italiano alla missione di liberazione del Paese, di fatto, non si sono sprecati con parole rassicurati, soprattutto relativamente ai futuri rapporti tra Libia e Italia. Nonostante gli imprenditori italiani non si siano prima d’ora mostrati particolarmente preoccupati per i loro interessi in Libia, considerando che queste partnership fanno comodo anche ai libici stessi, la visita di Frattini ha sollevato forse più dubbi rispetto a quelli che doveva dissipare. Jibril non ha infatti firmato il protocollo d’intesa che Frattini aveva preparato, considerando forse questa firma una pura formalità. Il Primo Ministro libico ha invece rimandato la firma, attendendo prima l’analisi che del documento, definito col termine “proposta”, dovrà fare il Ministero degli Esteri.
Insomma, le rassicurazioni sul mantenimento dei contratti tra la Libia e le aziende italiane, stipulati durante il regime di Gheddafi, non ci sono state. Jibril ha invece detto che i futuri contratti rispecchieranno non tanto i vecchi equilibri, ma i nuovi interessi e le esigenze del popolo libico. Al di là di immotivati allarmismi, queste parole non fanno sperare poi così tanto, né la freddezza diplomatica con cui sono state pronunciate. Non si può inoltre non pensare che di questo clima confuso e in perenne transizione, ne gioveranno di certo gli interessi economici di Francia e Gran Bretagna, nostre dirette concorrenti, che non a caso si sono buttate e capofitto nel conflitto, intravedendo prospettive di crescita post-bellica nelle collaborazioni sul piano economico-commerciale. Resta da vedere se il presentimento che ad andarci di mezzo sarà il decennale rapporto tra le aziende italiane (Eni,Finmeccanica,Anas e tante altre) e la Libia resterà tale o si realizzerà effettivamente sotto i nostri occhi, lasciandoci impotenti ad assistere al trionfo di Francia e Gran Bretagna.