Non sarà una Newco a salvare Alitalia

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Non sarà una Newco a salvare Alitalia

08 Luglio 2008

 

Vengono da dentro e da fuori, gli ultimi colpi all’Alitalia. Dall’interno, le indiscrezioni sul programma di riassetto a cui stanno lavorando il consulente Bruno Ermolli, e come advisor il gruppo San Paolo Intesa, indicano che il salvataggio verrà  effettuato secondo lo schema classico della creazione di una “Newco” (nuova compagnia) con le attività (o assets) dell’attuale Alitalia (e, ove fattibile, quelle di AirOne e di Meridiana) che promettono di ritornare (un giorno) in utile e la costituzione di una “Badco” (o “cattiva impresa”) dove collocare l’inutilizzabile (di flotta, impianti e persone).

E’ filtrata la cifra di 5.000 esuberi (secondo altre voci raggiungerebbero 10.000). Ciò ha causato un’immediata levata di scudi da parte del variegato mondo di sigle sindacali che per numeri molto inferiori avevano bloccato la potenziale intesa con AirFrance-Klm.

Dall’esterno, è la situazione generale del trasporto aereo a rendere ancora più difficile (ove mai ce ne fosse il bisogno) il salvataggio del vettore italiano. Proprio AirFrance-Klm ha annunciato che a ragione degli aumenti del costo del combustibile e dell’andamento dell’economia internazionale (le ultime previsioni per il 2009 indicano una crescita del pil appena dell’1,5% tanto per l’Europa quanto per il Nord America), ridurrà drasticamente i volti (ed accantonerà eventuali programmi di espansione): un annuncio preciso con la quantizzazione della riduzione dei voli per rotta verrà fatto in settembre.

Si situa in ogni caso in un quadro in cui, negli Usa, la Continental Airlines ha già comunicato una riduzione dell’11% della sua offerta complessiva, American Airlines un ribasso del 12% del traffico passeggeri e United Airlines atterra 100 velivoli; in Europa, la SAS ha già avvertito che ridurrà del 5% la propria flotta e l’Iberia che ritirerà i MacDonnel senza sosituirli; in Asia Thais Airlines ha annullato i voli diretti su New York e ridotto del 30% quelli su Los Angeles e la Qantas ha mandato in pensione il 5% dei propri aerei.

Uno scenario complessivo in cui non è facile capire come far volare la “Newco”.

Le modalità di creazione della “Newco” , inoltre, suscitano perplessità: cosa può portare di buono, nel lungo termine, una fusione di ciò-che-resta di Alitalia con AirOne (che i dati resi pubblici rivelano indebitati tanto quanto la malconcia Az) e la minuscola Meridiana? Non sarebbe meglio – come propone correttamente l’Istituto Bruno Leoni – vendere all’asta l’insieme dei “pezzi buoni” di quella che fu la compagnia di bandiera? Un’asta vera – ben inteso – non un pasticciato “beauty contest” quale quello varato (senza esito, ma perdendo tempo ed aggravando la situazione) dal Governo Prodi? E’ una domanda che non si pone tanto l’opposizione, pronta a dare battaglia se la strategia del Governo per il salvataggio di Alitalia farà cilecca, quanto quelle parti della maggioranza più vicine a posizioni liberiste.

In questo quadro non certo positivo, appare un barlume: la Lufthansa sta cavalcando la crisi del trasporto aereo aumentando la propria offerta ai clienti di lusso (già oggi la prima classe e la business rappresentano il 52% della sua cifra d’affari). E ha creato una sua propria filiale Lufthansa Private Jet (Lpj) per i voli aziendali.

Se torniamo ai tempi del “beauty contest” era proprio questo quanto Aeroflot avrebbe voluto fare con Alitalia. Non si combinò nulla poiché un programma del genere avrebbe causato esuberi ben maggiori di quelli dell’accordo con AirFrance-Klm. Oggi, probabilmente l’alternativa è o un’intesa con un partner robusto (con forte ridimensionamento) o il fallimento. Ma Lufthansa – lo sappiamo – non vuole in alcun caso AirOne tra i piedi.