Non sparate sul soldato Walter!
16 Aprile 2008
“Ex malo bonum” avrebbe detto Sant’Agostino. Una
legge elettorale che sembrava costruita apposta per impedire la governabilità
del Paese, una legislatura del tutto inconcludente, la campagna elettorale più
noiosa degli ultimi quindici anni. Nonostante tutto ciò, tra domenica e lunedì
potrebbe essersi verificato un piccolo miracolo. Dopo la crisi lunga e dolorosa
della prima repubblica, dopo la transizione faticosa ed incompiuta della
seconda repubblica, dalle urne potrebbe vedere la luce la Terza Repubblica
Italiana. Forse (il condizionale è d’obbligo) l’Italia è diventata davvero un
Paese normale. Forse le specificità che rendevano unica al mondo la politica
italiana – l’eredità del fascismo, il più forte partito comunista dell’Occidente,
la presenza della Chiesa sul territorio dello Stato – sono veramente state
consegnate alla Storia.
In effetti, a
ben vedere, nei due mesi scorsi abbiamo partecipato non ad una ma a due
campagne elettorali, contemporanee e parallele. Da un lato la normale campagna
elettorale per la conquista del governo del Paese e dall’altro una campagna
elettorale per la scelta del sistema politico del Paese. Oggetto della sfida
era la creazione di un moderno sistema di democrazia governante, liberato dalle
scorie ideologiche del novecento. Un sistema che garantisca al Paese un
governo in grado di governare, un’opposizione capace di controllare (ma non di
interdire).
Ed è proprio
in questa seconda campagna elettorale che si registra il risultato più netto e
per certi versi più inaspettato. Mentre infatti la vittoria del centro destra
era comunque data da tutti per scontata, erano in pochi a scommettere che la
scelta di Veltroni e di Berlusconi di compiere una svolta netta con il passato
avrebbe pagato. Di fronte alla scelta di correre in solitaria, immediatamente
erano scattate le “difese immunitarie” del conglomerato di potere che da
vent’anni blocca l’evoluzione politica del Paese. La paura che qualcuno finisse
per vincere (e governare) davvero sembrava crescere ogni giorno di più e il
partito del pareggio (guidato, come sempre, dal Corriere della Sera) le ha
provate tutte sino a quell’incredibile uscita di Sartori sul voto dissociato
che, delle due l’una, o va ascritta al genere dell’arteriosclerosi galoppante o
è il frutto di una furbizia tanto subdola quanto impotente.
Ma
naturalmente bisogna non farsi soverchie illusioni sul fatto che la partita
possa essere già considerata definitivamente vinta. Occorre in primo luogo
verificare quale saranno le reazioni dei protagonisti quando sarà passata la
dolce (o tragica) ebbrezza dell’ubriacatura elettorale. Come si muoveranno i
post comunisti ed i post fascisti messi fuori dal Palazzo ed i post
democristiani messi fuori dal Potere? Saranno gli eroi della nuova fase
politica in grado di mantenere una linea politica coerente?
Vi è poi il
problema del consolidamento della svolta. Sono passate solo poche ore dal
responso elettorale è già si odono pericolose affermazioni sul fatto che visto
che il sistema si è riformato da solo (per via politica) sono ormai da
ritenersi superflue le riforme costituzionali, elettorali e regolamentari che sino a poche settimane fa
venivano invocate a gran voce in modo quasi unanime. Sarebbe un errore fatale.
Proprio la felice contingenza politica rende concretamente possibile realizzare
quelle riforme istituzionali con le quali siamo alle prese da vent’anni senza
grande costrutto. Tali riforme, oltre a suggellare la svolta, sono necessarie
soprattutto per scongiurare pericolosi ma sempre possibili rinculi.
Vi è poi un
problema specifico che riguarda il leader del Partito Democratico, sul quale si
aggirano minacciosi alcuni avvoltoi che, attribuendogli la responsabilità della
storica sconfitta, prefigurano un ricambio (che in realtà sarebbe una
restaurazione). Ora non ci interessa addentrarci sui numeri per misurare
l’entità della sconfitta del PD e per capire se Veltroni ha contribuito al
risultato ovvero ha invertito una tendenza che avrebbe altrimenti condotto ad
un risultato ancor peggiore. Ciò che invece vogliamo sottolineare è che, al
momento, la possibilità di difendere e consolidare la svolta di sistema che si
è registrata dipende anche dalla continuità della leadership del PD. Questo non
solo perché Veltroni, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, ha
innegabilmente giocato un ruolo decisivo nel processo in atto. Ma anche e
soprattutto perché gettando uno sguardo al Loft Democratico non sembrano
emergere nuovi leader interessati a portare a termine il lavoro. Insomma, per
favore, non sparate sul soldato Walter!