Nonostante gli errori ‘tecnici’, Monti rappresenta una scelta responsabile

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Nonostante gli errori ‘tecnici’, Monti rappresenta una scelta responsabile

03 Aprile 2012

Il fatto che nonostante l’Italia sia in recessione con una disoccupazione al 9,3%, la popolarità del presidente del Consiglio superi il 50%, dimostra che gli italiani hanno un grande senso di responsabilità e accettano i sacrifici loro imposti, anche quando si tratta di imposte molto rozze che danno l’impressione che il governo tecnico non sia veramente tale. Il fatto che le critiche a volte molto aspre riguardanti la riforma del mercato del lavoro, che sono venute dalla sinistra entro e fuori il governo e dalla Cgil, che hanno indotto il governo a presentarla come disegno di legge e non come decreto legge, non abbiano inciso più di tanto sullo spread dei nostri titoli pubblici rispetto a quelli tedeschi e non abbiano generato rimostranze nella Comunità europea (che l’anno scorso ci continuava ad ammonire con lettere e con messaggi orali), dimostra che c’è la convinzione che l’Italia continuerà in una politica di rigore.

Ciò grazie alla esistenza di una ampia coalizione politica che interpreta la richiesta del paese di unità per affrontare senza litigi la situazione pericolosa. D’altro canto sono emersi uno dopo l’altro due grossi errori tecnici del governo attuale che dimostrano che esso non trae la sua forza e il suo prestigio all’interno e all’estero dall’esser un governo di tecnici o di super tecnici, ma dal fatto di avere un presidente del Consiglio moderato ed abile nel gestire l’emergenza che ha l’appoggio di una grande coalizione che va dal centro-destra al centro-sinistra.

I due errori sono clamorosi e, in parte, incomprensibili: il primo riguarda rispettivamente la questione degli “esodati“, che non si sa se sono 50 mila o 350 mila e che non si sa come possano campare. Gli esodati sono quei lavoratori che hanno interrotto il proprio rapporto di lavoro contando di andare in pensione con le vecchie norme (vigenti al 31 dicembre 2011) e che invece, a causa della riforma delle pensioni, rischiano di vedere la data di pensionamento slittata. In pratica, rischiano di trovarsi senza stipendio, ma anche senza pensione per un periodo di tempo non indifferente, e cioè anche per 5-6 anni.

Non si riesce a capire come mai il governo che non poteva non conoscere il problema, che è di facile individuazione anche per un non esperto, non sia riuscito né a fare una stima corretta della sua dimensione né ad approntare una soluzione per il caso in cui la sua stima fosse sbagliata. Ha per altro ragione il sottosegretario Polillo quando osserva che, in termini giuridici, questi esodi, decisi con un accordo fra le parti possono essere dichiarati nulli se le condizioni generali in cui sono stati fatti cambiano. Infatti il codice civile, all’articolo 1429. n. 4, stabilisce che i contratti possono essere dichiarati nulli per un errore “essenziale” di diritto, cioè senza il quale tale contratto non sarebbe stato fatto.

Dunque i lavoratori che hanno perso il posto e non hanno diritto alla pensione, perché il loro diritto alla pensione è stato posposto di vari anni, li possono impugnare perché il quadro giuridico che avevano considerato era errato, non avendo potuto tener conto della modifica che il governo avrebbe successivamente fatto. E l’errore appare veramente essenziale. I giudici del lavoro o quelli civili potrebbero riempirsi di cause. Il governo non può rimanere indifferente al problema e dovrà intervenire con una norma, che ci si augura non consista nel caricare sui contribuenti un nuovo tributo per pagare al suo errore tecnico.

Il secondo errore tecnico del governo riguarda la questione dell’ incertezza nel pagamento della prima rata dell’Imu, in questo giugno, derivante dal fatto che gran parte dei comuni non hanno ancora stabilito quanto debba ciascun contribuente. Ma ciò dipende dal fatto che, secondo la legge, avevano tempo sino ad ottobre per farlo. Se l’intenzione era di far partire l’Imu non dal secondo semestre, ma dall’inizio dell’anno, non si riesce a capire come mai non sia emersa immediatamente la contraddizione fra l’obbligo di pagamento a giugno del maggior onere fiscale derivante dal nuovo tributo e il fatto che la sua determinazione, a cura del comune, avvenisse entro l’autunno. La soluzione in questo caso è complicata ulteriormente dal fatto che non è chiaro se per l’Imu per gli immobili storici e artistici sia stata abrogata la norma dell’Ici che per la stima catastale faceva riferimento non ai loro estimi, ma a quelli riguardanti gli immobili della zona di più basso valore. Va notato che questa regola è derivata da una giurisprudenza della Corte di Cassazione a cui il fisco si è dovuto adeguare dopo anni di contenzioso, che potrebbe riaprirsi.

Se si aggiunge che il premier Monti ha ammesso che il governo, per il riequilibrio del bilancio ha fatto ricorso a “brutte imposte” (molto probabilmente si poteva fare una manovra tributaria migliore e operare di più sulla spesa), se ne conclude che se questo governo fosse apprezzato come governo tecnico e non come governo di emergenza, che i partiti più responsabili appoggiano nell’interesse nazionale, gli errori compiuti con riguardo agli “esodati” e con riguardo all’Imu avrebbero leso profondamente il suo prestigio. Ma, fortunatamente, così non è. Dico fortunatamente, perché le acque, per quanto riguarda il problema del debito pubblico dell’eurozona, hanno ripreso ad agitarsi in relazione a due fattori concomitanti.

Il primo è la delusione degli operatori finanziari e di una parte dei politici, che pensavano che la dotazione del Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria (Fesf) sarebbe stato elevata a mille miliardi anziché a 700; la seconda è la palese difficoltà della Spagna di raggiungere il prossimo anno l’obiettivo di un deficit pari al 3% del Pil che, insieme alla crisi finanziaria del Portogallo, pregiudica gli effetti positivi sul sistema bancario iberico della mega operazione di mille miliardi di euro di finanziamenti, in due tranche, a dicembre e marzo, delle banche dell’eurozona da parte della Bce con prestiti triennali al 3% in cambio di collaterali consistenti in titoli pubblici e privati di vario genere. Poiché il Fesf ha già erogato 200 miliardi, la sua dote effettiva è 500 miliardi. non 800. E non si prevede che il nuovo Esm (European Stability Mechanism, ovvero Meccanismo europeo di stabilità) abbia una dotazione aggiuntiva a questa.

Il debito spagnolo, da solo, è di 735 miliardi, il 68,5% del Pil: non è una elevata percentuale, ma il deficit è al 7% e quest’anno fa fatica ascendere al 5%. Gli operatori internazionali lo considerano rischioso. Dato che il rapporto debito/Pil della Spagna supera solo del 8,5% il tetto del 60% considerato virtuoso, l’Unione europea sbaglia a chiedere alla Spagna una deflazione rapida che la pone in recessione, rendendo più difficile il suo riequilibrio. Ma il fatto che essa non riesca a raggiungere gli obiettivi che la Commissione europea le indicaanche perché ivi manca a ciò il consenso politico, genera una valutazione negativa del suo debito e fa nascere nuove tensioni nella finanza dell’eurozona.

Da ciò emerge che la soluzione del governo di coalizione adottata in Italia, che si colora sempre più di scelta politica dei partiti che lo sorreggono, è una soluzione responsabile che giova al paese, anche se le linee della politica economica che esso sta attuando non sono dotate del pregio che alcuni si attendevano. Le alternative erano e rimangono peggiori. E se questo è vero, ne risulta anche una rivalutazione della classe politica, in particolare del centro-destra, che ha fatto un passo indietro rinunciando al potere, nell’interesse nazionale: e mantiene ferma questa sua linea, sebbene il nuovo esperimento sia un fiore con molte spine.