Nuove truppe in Afghanistan, Francia più vicina alla Nato

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Nuove truppe in Afghanistan, Francia più vicina alla Nato

02 Aprile 2008

È una
doppia scommessa quella che attende Sarkozy se vuole veramente chiudere la
parentesi aperta dal generale de Gaulle nel marzo 1966, quando annunciò il
ritiro francese dal comando integrato Nato. Innanzitutto il Presidente deve
gestire la questione dal punto di vista interno e dell’impatto che il recentrage della politica estera
transalpina avrà su un’opinione pubblica e su forze politiche per tradizione scarsamente
filo-atlantiche. A tal proposito è emblematica la situazione che si è creata
dopo l’annuncio dell’aumento degli effettivi francesi impegnati nella missione
Isaf in Afghanistan (circa 1000 uomini), anticipato dal Presidente in occasione
della sua visita a Londra. In attesa della conferma ufficiale che dovrebbe
giungere al vertice Nato di Bucarest il 3 aprile prossimo, il Primo ministro
Fillon si è dovuto presentare davanti all’Assemblea nazionale e ha ricevuto una
mozione di censura proposta dal gruppo parlamentare socialista. Si tratta della
centesima mozione di censura dall’avvio della V Repubblica nel 1958 e, se si
esclude quella del 1962 contro l’esecutivo Pompidou dopo l’annuncio del
referendum sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica, il meccanismo
non ha mai messo in difficoltà il governo in carica. Anche in questo caso la salda
maggioranza Ump-Nouveau Centre si raccoglierà attorno all’esecutivo Fillon e la
questione, dopo il dibattito in aula previsto per il prossimo martedì, si
chiuderà con un nulla di fatto per l’opposizione socialista.

Ma il
dibattito parlamentare cela un significato più profondo se si analizza con
attenzione il testo depositato dal capogruppo socialista all’Assemblea
Nazionale Ayrault. Il Ps denuncia infatti l’«allineamento strategico globale
della Francia sulle posizioni americane». Ed è lo stesso ex-Ministro degli
Esteri socialista Védrine, che per il Presidente Sarkozy ha preparato il Rapport sur la mondialisation, a
criticare l’inquilino dell’Eliseo che lega l’invio di nuovi militari in
Afghanistan al reintegro francese nel comando unificato della Nato, un’Alleanza
Atlantica, sempre a detta di Védrine, in realtà non in grado di chiarire ruolo
e missione all’indomani del crollo del comunismo mondiale. A gridare contro il pericoloso
«virage atlantique» della Francia è anche
il redivivo Bayrou, ma non bisogna dimenticare anche i malumori che
attraversano la stessa maggioranza presidenziale, in particolare nei settori
più legati alla tradizione gollista. Basti pensare che il Presidente della
Commissione Difesa dell’Assemblea nazionale, l’Ump Guy Tessier, ha di recente
dichiarato che una presenza più accentuata di Parigi nella Nato «finirebbe per
annullare il particolarismo francese, la possibilità di dire a voce alta, ciò
che gli altri pensano a bassa voce».

A questa
sfida tutta interna al contesto francese deve essere sommata quella rispetto
all’azionista di maggioranza della Nato, cioè gli Usa, e al suo storico
alleato, la Gran Bretagna.
Dopo l’annuncio solenne di fronte al Congresso nel corso della sua visita a
Washington nel novembre scorso e quello alla Camera dei Comuni pochi giorni fa,
il progetto di Sarkozy è chiaro quanto ambizioso. Scambiare un più concreto
impegno francese nella Nato con il via libera americano all’implementazione di
quella difesa comune europea troppe volte rinviata negli ultimi dieci anni.
Dagli ambienti più influenti della diplomazia Usa sembra essere giunto il
semaforo verde e a questo punto determinante sarà ottenere l’appoggio inglese,
dal momento che Gran Bretagna e Francia rappresentano il 70% degli investimenti
europei in materia di difesa.

A
Bucarest Sarkozy parlerà dell’aumento delle truppe francesi in Afghanistan,
rendendo quindi esplicito un suo ulteriore passo verso la
Nato. Il Presidente francese si attende da
Bush i ringraziamenti ufficiali e un riferimento più o meno esplicito al via
libera americano alla PESD (Politica europea di sicurezza e difesa). Insomma i
termini dello «scambio» che gli ambienti diplomatici francesi e americani
stanno da mesi mettendo a punto dovrebbero essere posti sul tavolo. Resteranno
poi da valutarsi gli effetti concreti. Nuove possibili tensioni tra Parigi e
Washington potrebbero emergere a seguito della presa di posizione francese
contraria all’allargamento della Nato a Georgia e Ucraina. Parigi strizza
l’occhio a Mosca e su questo punto la discontinuità con gli anni di Chirac è di
certo meno netta. 

Sarkozy gioca
quindi su molti tavoli contemporaneamente e il suo recentrage della politica estera e di difesa è direttamente legato
all’avvio del semestre di Presidenza francese dell’Unione e al desiderio di
riportare la Francia
ad un ruolo di primo piano nell’Ue a 27. La scommessa del «trattato
semplificato» ha condotto al buon compromesso incarnato nel Trattato di Lisbona.
L’idea di Europa Mediterranea, dopo una serie di dissidi con Berlino, sembra
pronta a vedere la luce. Chissà se anche il progetto di difesa comune europea otterrà
la giusta scossa? Solo gli sviluppi futuri potranno dire l’ultima parola. Al
momento tutto si può dire dello spesso irrequieto inquilino dell’Eliseo tranne
che non abbia portato materiale di riflessione politica in un contesto spesso
bloccato e sonnacchioso come quello del Vecchio Continente.