Obama deve resistere alla tentazione di trattare con la Siria (complice Sarkò)

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Obama deve resistere alla tentazione di trattare con la Siria (complice Sarkò)

19 Marzo 2009

Inquietante la lunga intervista che Beshir al Assad ha rilasciato stamane a Repubblica. Due pagine per lanciare in apparenza la piena disponibilità a un appeasement con gli Usa di Obama e contemporaneamente ribadire, con puntiglio sfacciato, tutte, ma proprio tutte le posizioni oltranziste e guerrafondaie che la Siria sostiene da 40 anni sotto il tallone di ferro dei due dittatori, padre e figlio.

Pieno sostegno alle organizzazioni terroristiche Hamas e Hezbollah, che ancora due giorni fa ha dichiarato per bocca dello sheikh Nasrallah il proprio progetto strategico di “distruggere Israele”; rivendicazione piena e totale del recupero della sovranità sulle Alture del Golan; scarico totale su Ehud Olmert della responsabilità del fallimento della mediazione del turco Tayyp Erdogan tra Siria e Israele, là dove è stata invece Damasco a rifiutare nettamente la richiesta di un allentamento dell’armamento di Hezbollah e Hamas; ribadita volontà di mantenere il “protettorato libanese”, non più manu militari, ma – appunto – tramite Hezbollah. Unica novità, il lancio formale del ruolo di mediazione tra Iran e Obama.

Mediazione che ha del tragicomico nel momento in cui Teheran rifiuta nettamente ogni e qualsiasi ammorbidimento della sua posizione e dei suoi progetti nucleari e pretende che Obama si sieda al tavolo già perdente in partenza. Nulla di strano: la grande resistenza al potere di Hafez al Assad, padre di Beshir, è sempre stata quella di proteggere tutte le organizzazioni e iniziative terroristiche e destabilizzanti possibili e immaginabili (incluso Abu Nidal, inclusi gli assassini dei dirigenti di al Fatah), proponendosi contemporaneamente come “mediatori” in tutti i tavoli di trattativa possibili e immaginabili per condurre trattative tanto sfiancanti, quanto inconcludenti, inclusa – non va dimenticato – la piena partecipazione di Damasco alle trattative dal 1993 al 2000 successive agli accordi di Oslo e al trattato Arafat-Rabin…

Strana, stranissima, misteriosa è e continua ad essere la piena apertura di credito a questo Beshir al Assad da parte di Nicolas Sarkozy, di cui il mondo ebbe cognizione il 14 luglio del 2008, quando – tra le proteste indignate dei generali francesi e di Chirac – Sarkozy ospitò il dittatore siriano al suo fianco a ammirare la parata del 14 luglio sui Champs Helisées. Né prima, né dopo da allora, Assad ha mai concesso nulla, mai ha dato prova di un ammorbidimento, di una concessione. L’unica novità a cui fanno riferimento i diplomatici francesi – ed europei – è la stabilizzazione del Libano “aiutata” dalla Siria. Ma questa stabilizzazione è stata imposta manu militari per le strade di Beirut la primavera scorsa e ha comportato il pieno controllo e il formale potere di interdizione di Hezbollah non solo sulla guida del governo del Libano, ma anche e ovviamente, sulle sue forze armate.

Questa stabilizzazione ha segnato la piena marginalizzazione politica del “Fronte 14 marzo” di Saad Hariri e Walid Jumblatt e il largo controllo siro-iraniano della politica interna e estera del Paese dei Cedri. L’unica, vaga notizia, l’unica, confusa, spiegazione di tanto e tale credito concesso da Parigi a al Assad, ci viene da una contemporanea apertura di credito da parte delle autorità saudite. I due regimi, dopo che Ryad aveva tentato la prova di forza e l’aveva persa a Beirut la primavera scorsa, grazie al rapido cambiamento di fronte del generale Suleiman che ha lasciato il raccordo con Hariri, per sposare le tesi di Hezbollah, hanno ripreso i contatti e ora stanno scambiandosi visite ai più alti livelli.

Ma questa dinamica di appeasement siro-saudita (i due paesi sono da 40 anni in palese frizione), risponde a logiche tipiche della tradizione arabo-califfale. L’Arabia Saudita è solo e unicamente tesa a garantire il suo ruolo di potenza regionale, continua ovviamente a essere avversaria fiera di Israele, e ha con tutta evidenza barattato la cooptazione nel regime di Damasco di uomini a lei vicini (dopo i terremoti interni e le uccisioni incrociate di alti gerarchi che hanno insanguinato Damasco nel 2008) con l’apertura di un credito ad al Assad che – come è tradizione – si può trasformare domani nel pieno appoggio di un tentativo di assassinio dello stesso al Assad. Se i diplomatici francesi e occidentali si leggessero qualche cronaca sulla politica di Palazzo a Istanbul tra l’otto e il novecento, avrebbero chiaro questo quadro.

Il reietto Assad, dunque, che nel 2006 stava per fare la fine del sudanese Omar al Beshir per le sue evidenti responsabilità nell’assassinio di Rafik Hariri, gode della stima di Sarkozy e usa di questa chance per sfidare Obama ad una trattativa leale. Una brutta piéce, un dejà vu sulla scena mediorientale (con la Francia sempre costretta a subire vergognose perdite sul campo), che avrà fine dopo le elezioni iraniane del prossimo giugno, quando il rinnovato regime oltranzista di teheran, magari con un uomo nuovo al comando politico, riprenderà a dettare la sua agenda oltranzista e guerrafondaia in tutto il Medio Oriente.