Obama, Netanyahu e le solenni arrabbiature a porte chiuse sull’Iran
06 Marzo 2012
Dietro le versioni diplomatiche di rito, sembra che il recente incontro tenutosi a Washington tra Barack Obama e Benjamin Netanyahu abbia riservato solenni arrabbiature ai due protagonisti, col presidente americano a schiacciare il freno circa l’attacco all’Iran e il premier israeliano pronto a comunicare all’alleato che "il tempo stringe, il nemico ha almeno dieci Fordows e, comunque sia, Gerusalemme è determinata ad intervenire per scongiurare un terribile pericolo nucleare".
Gli spifferi non sono usciti solo dalla stanza dove i due statisti hanno duellato, com’era prevedibile vista la posta in gioco. I media, anche in queste ore, imbeccati dai vari uffici riservati, stanno sfornando notizie tese a condizionare l’esito delle decisioni che dovranno esser prese nelle prossime settimane. Una fonte dell’Intelligence degli Stati Uniti ha comunicato alla televisione dello Stato Ebraico Arutz 2 che il governo locale ha ormai deciso la guerra contro Teheran, nonostante le perplessità di una vasta parte della comunità internazionale, aggiungendo, come sinistro memento, che l’opinione pubblica israeliana rimane all’oscuro delle conseguenze catastrofiche di questa mossa: controffensiva del regime persiano attraverso il lancio di migliaia di missili; probabile esplosione di azioni terroristiche e tensioni regionali; eventuale avvio di una " terza guerra mondiale".
Uno scenario da suicidio, secondo questo osservatore che, pronosticando eventi apocalittici prima dell’estate, ha provato a minare il consenso interno verso i raid bellici, con conseguente ira dei servizi segreti di Tel Aviv, lesti ad individuarne l’identità e pronti a indagare sui mandanti politici della soffiata.
Abili mediatori e pontieri, non solo governativi, sono adesso all’opera per costruire un tunnel di sicurezza in cui incardinare i rapporti bilaterali su questa vicenda decisiva per gli interi assetti geopolitici. Sperando che Barack e Bibi trovino buoni motivi d’ interesse comune per non rimandarsi a quel paese.