Occhi puntati sullo scudo fiscale. Il Wall Street Journal migliora le stime
09 Novembre 2009
Molto, in termini di politica economica, sarà più chiaro a dicembre. Quando il Tesoro verrà in possesso dei primi dati ufficiali sull’andamento dello Scudo Fiscale. E non vorremmo essere nelle vesti del ministro Tremonti, già sotto pressione a causa della contrattazione con i singoli ministeri per l’erogazione di risorse aggiuntive, i cui margini appaiono piuttosto ridotti, anche a causa di certe spese necessarie a cui bisognerà far fronte per il prossimo anno.
La misura, annunciata a ottobre per incoraggiare chi aveva dei capitali all’estero a farli rientrare in Italia, mirava a riportare almeno una parte dei 500 miliardi di euro "off shore" detenuti all’estero. Il 30 settembre, dopo aver superato lo scoglio della fiducia alla Camera, il Presidente del Consiglio Berlusconi aveva parlato di "un forte ingresso di alcuni miliardi di euro nella casse dello Stato, soldi sacrosanti che serviranno per chi ne ha bisogno". Ma ad averne bisogno sono tanti. E su tanti versanti. I temi sul tavolo sono diversi.
Alcune misure saranno introdotte in prima lettura al Senato, altre saranno rinviate alla Camera, quando sarà appunto più chiaro il quadro delle entrate fiscali per poter individuare le relative coperture. Del resto, quanto maggiori saranno i capitali rientrati, tanto più importanti saranno (o dovrebbero essere) le risorse, anche di carattere fiscale, da utilizzare per misure di alleggerimento del carico dei tributi. Il mondo dell’impresa e del lavoro hanno bisogno di un occhio di riguardo per far sì che accompagnino e stimolino la ripresa e in questo senso il Parlamento ha già timidamente cominciato a camminare nel terreno minato dell’Irap per capire come uscirne indenne (magari portando a casa un taglio che sia il meno “mini” possibile). Sul tavolo c’è anche la misura relativa alla cedolare secca sugli affitti. Resta l’obiezione, da più parti sollevata, della impossibilità di coprire interventi strutturali con un’entrata una tantum, quali il gettito dell’imposta del 5% sui capitali che rientreranno grazie allo scudo. Poi c’è il dossier Infrastrutture e c’è da finanziare il piano post-terremoto dell’Abruzzo. E’ necessario far partire un primo intervento a favore del Mezzogiorno; ci sono da affrontare gli spinosi capitoli sicurezza, difesa, Università, 5 per mille. Perfino i 500 milioni che il governo deve trasferire ogni anno al Comune di Roma sono legati al filo sottile della performance che farà registrare lo scudo fiscale: più capitali rientreranno, più alta sarà la possibilità di rifinanziare il piano di rientro.
Il Tesoro attende un gettito di 3-4 miliardi di euro nelle casse dello Stato, dovuto in gran parte da rientri effettivi e non regolarizzazioni in loco (rimpatrio giuridico). Con il D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il Governo ha infatti previsto che il denaro e i beni trasferiti da cittadini italiani in altri Paesi possano essere “regolarizzati” attraverso la loro dichiarazione, l’affidamento in deposito o custodia a un intermediario e il pagamento di un 5% del loro ammontare. Questo avviene nel caso in cui la Nazione non sia annoverata nella black-list dei cosiddetti “paradisi fiscali” (rimpatrio fisico). Al contrario, se i depositi riguardano i Paesi "non collaborativi" come la Svizzera, il Liechtenstein, il Lussemburgo, San Marino – così definiti perché lo Stato Italiano non ha stretto con essi rapporti di scambio di informazioni – i capitali dovranno materialmente “rientrare” in Italia, sempre previo versamento della percentuale. E’ questo è appunto il caso del rimpatrio giuridico.
A poco più di un mese dalla scadenza dello scudo fiscale le prime stime ufficiose, quelle che parlano appunto di un gettito pari a 3-4 miliardi, sono venute fuori in seguito all’incontro tra il ministro dell’Economia Giulio Tremonti con i senatori della Pdl al Senato avvenuto venerdì e fanno ipotizzare, vista l’aliquota secca del 5% sul capitale, un rientro fra i 60-80 miliardi di euro di capitali esportati illegalmente. Si tratta di una valutazione prudenziale, poco al di sotto delle previsioni di banche e istituzioni finanziarie italiane e straniere che nei giorni scorsi avevano previsto un rientro di circa 100 miliardi di euro.
A guardare con favore la misura è anche il Wall Street Journal che appena due giorni fa ha ipotizzato che il gettito derivante dal provvedimento dovrebbe addirittura superare i 100 miliardi di euro. Fabrizio Besana, a capo dell’ufficio legale di Unione Fiduciaria, spiega al WSJ che "secondo i dati preliminari il numero di richieste registrate nei primi mesi eccede di più del doppio i due condoni precedenti". Secondo Besana, che in realtà esprime un pensiero piuttosto diffuso nell’ambiente bancario, ad incoraggiare i rientri sono proprio le ottime condizioni e la breve durata di questa finestra, dopo la quale è facile immaginare un irrigidimento nei controlli.
La sola Banca Generali ha affermato, sempre al WSJ, per bocca del suo stesso CEO Giorgio Girelli di aver ricevuto 1450 richieste. L’istituto secondo molti analisti potrebbe essere uno di quelli che più trarrà vantaggio, vale a dire liquidità in cassa, grazie alla sua collaborazione con la Banca Svizzera Italiana e dal fatto che sono entrambe controllare dalle Assicurazioni Generali.
Tra le altre che potrebbero beneficiare della manovra anche "outsider" come Banca Leonardo e Ersel Group. Quest’ultima ha fatto sapere di aver ricevuto più di 200 richieste per un valore pari a 200 milioni di euro, e ha avanzato addirittura una stima che pone l’asticella per la chiusura dell’amnistia a 300 milioni.
Secondo alcune fonti fino ad ora sarebbero rientrati 50 miliardi, ma molti si spingono fino a parlare di 100 miliardi. Sul fronte economico, il dato sta già facendo volare i titoli delle banche più interessate. Su quello politico, ha già dato il via al pressing dei vari ministeri per avere risorse fresche.
(Ha collaborato Fabrizia B. Maggi)