Occhio che la pastasciutta non perda il suo “made in Italy”
08 Luglio 2010
Tempi nuovi nella agricoltura e nella sicurezza nutrizionale in Italia. La produzione agricola e la tecnologia alimentare subiranno profondi cambiamenti nei prossimi mesi. Si è aperto infatti un orizzonte del tutto nuovo sulla qualità e la sicurezza nutrizionale in Europa e quindi nel nostro Paese.
I fatti: il 16 giugno scorso il Parlamento Europeo ha approvato la relazione di Renate Sommer (Ppe, De) con 559 voti a favore contro 54 contrari e 32 astensioni. I deputati hanno scelto di migliorare la legislazione sulle etichettature alimentari per garantire ai consumatori la possibilità di compiere scelte basate su informazioni precise, evitando al tempo stesso di creare oneri amministrativi e finanziari eccessivi per l’industria alimentare – ad essere bocciato, per esempio, è stato il “bollino colorato” da apporre nella etichetta degli alimenti per indicare gli effetti sulla salute. Così il Parmigiano Reggiano non correrà più il rischio di avere il “bollino rosso” per richiamare l’attenzione del consumatore sulla sua alta dose di grassi saturi (sono il 35 per cento) e anche la Nutella potrà dormire sonni più tranquilli.
I deputati europei hanno votato a favore per introdurre l’obbligo di indicare sulle etichette la quantità di grassi (acidi grassi saturi), zucchero e sale, e chiedono inoltre che appaiono i valori relativi alle proteine, alle fibre, ai grassi trans-naturali e artificiali. E’ probabile che il testo approvato mercoledì 16 giugno ritorni al Parlamento per una seconda lettura. Una volta che la nuova legislazione sarà adottata, l’industria alimentare avrà 3 anni per adattarsi alle nuove regole.
Il voto di mercoledì apre una fase di rilevante importanza per l’agricoltura e per l’attuale tecnologia alimentare italiana ed europea, che va immediatamente valutata per i suoi effetti sulla economia e la salute pubblica. Il nuovo scenario legato alle etichettature nutrizionali trova il suo fondamento nell’articolo 4 del Regolamento CE n. 1924/2006. La norma avrebbe dovuto entrare in vigore a partire dal 31 gennaio 2010, ma era rimasta sospesa perché la Commissione Europea – che avrebbe dovuto definire i parametri sui profili nutrizionali e i claims sulla salute – non lo aveva mai fatto.
Il 6 luglio scorso, il ministro delle Politiche Agricole italiano Galan, insieme a Coltivatori Diretti, ha simbolicamente “presidiato” la frontiera per osservare sul campo quale sarà il destino produttivo e commerciale delle cosiddette "matrici alimentari" importate nel nostro Paese, che vengono utilizzate per ottenere alimenti Made in Italy. Il fatto di usare matrici esterne infatti rischia di generare un danno tanto netto quanto evidente. Potremo ancora dire che la pastasciutta è un alimento tipicamente italiano? Il grano duro, la semola per la produzione di questa ricetta classica del Belpaese, ormai è per lo più importato. La qualità nutrizionale del grano duro e della semola condiziona le proprietà organolettiche e nutritive della pastasciutta, che può ancora vantarsi di essere Made in Italy esclusivamente perché viene prodotta in Italia.
L’uso di grani duri, di semole e di particolari tecnologie alimentari – importate senza controllo – potrebbe al contrario causare la presenza di furosina e proteine glicate nella pasta che mangiamo ogni giorno. Furosina e proteine glicate sono molecole aggressive per l’intestino e l’intero organismo umano. Per evitare la presenza di queste sostanze occorre scegliere con criteri di sicurezza nutrizionale le matrici alimentari iniziali (i grani e semole, appunto) e adottare fasi tecnologiche in grado di non generare queste molecole aggressive per la nostra salute.
Al Ministro Galan dovremmo chiedere proprio di ordinare una ricercare sulla presenza di furosina e proteine glicate nella pasta alimentare attualmente in commercio; sarebbe un giusto passo sulla strada per qualificare la nostra agricoltura. Il Made in Italy rischia di apparire un concetto superato se lo limitiamo alla sola indicazione di origine geografica dell’alimento. Non sempre la denominazione di un’area geografica è sinonimo di qualità e sicurezza alimentare, insomma. In conclusione, possiamo dire che agricoltura, economia e salute ormai sono sempre più intrecciate e che siamo solo all’inizio di una rivoluzione sulla qualità e sicurezza nutrizionale degli alimenti in commercio.