Ogni candidato ha il suo Beppe Lanzilotta? Non credo

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Ogni candidato ha il suo Beppe Lanzilotta? Non credo

18 Marzo 2008

Beppe Lanzilotta è il Segretario Generale di Magna Carta. E’ uno strano tipo.
Tanto tollerante con se stesso quanto rigoroso con gli altri. Lui può
permettersi anche sei ore di ritardo, compensate da una mole di lavoro
impressionante. Gli altri debbono funzionare come fossero orologi svizzeri.

All’inizio di questa campagna elettorale, è nata la possibilità di una serie di
appuntamenti a Parigi predisposti dagli amici dell’UMP per vedere da vicino
cosa hanno combinato sia la “Commissione Balladur”, nata con il
compito di revisionare le istituzioni, sia la più nota “Commissione
Attali”, che avrebbe l’ambizione di proporre un progetto per innovare il
Paese. Ci siamo detti: se dopo le elezioni bisogna fare delle cose insieme alla
sinistra, prima di parlarne è bene constatare come stanno andando le esperienze
che in tal senso si sono sviluppate a pochi passi dai nostri confini. A maggior
ragione perché i nostri rapporti con alcuni membri dell’entourage del
Presidente Sarkozy sono ottimi.

Beppe è riuscito a mettere a punto un programma interessante, con un solo
inconveniente: gli appuntamenti sono suddivisi in due giornate ed è stato
impossibile unificarli. Quando mi ha proposto il programma, gli ho chiesto se
avesse capito: “debbo farmi eleggere al Parlamento italiano e non
all’Assemblea Nazionale francese. Impossibile spendere tutto questo tempo a
Parigi!”.

Speravo così di ottenere uno “sconto”, un’esenzione per una delle due
date. Invece, è uscito fuori un programma per il quale la presenza sul suolo
francese si è effettivamente ridotta a poche ore, suddivise in due tranche ma
al prezzo di far impallidire Stakanov!

Lunedì si è svolto il primo round. Partenza in aereo alle 21,35 di domenica;
pernottamento (si fa per dire) in casa di amici; appuntamenti fino alle 12;
taxi per Charles de Gaulle e alle 4 del pomeriggio sono di nuovo in pista nel
mio ufficio romano!

Parigi è un po’ la mia seconda città. Ci ho trascorso anni e anni per studio e
per ricerca. Ma ci mancavo da tre anni, in quanto i tempi senatoriali della
scorsa legislatura “non consentivano”. Tornarci, anche solo per
qualche ora, mi ha fatto effetto. Mi sono potuto permettere solo una lunga
passeggiata a piedi per giungere all’appuntamento. Quanto basta per constatare
una città immobile: al di là di qualche nuovo negozio magrebino, tutto è
rimasto come l’avevo lasciato.

Ho pensato: qui la “rupture” proprio non si vede! E questa stessa
impressione si rafforza dopo un primo approfondimento dei lavori delle due
Commissioni.
Non è questa la sede di analisi approfondite che, se sopravviverò, farò dopo il
secondo round. Ma un’impressione, di quelle che si confanno ai diari, non
voglio farla mancare. Se la Commissione sulle riforme istituzionali è
interessante nei suoi sviluppi, perché i lavori sono stati attraversati da
contraddizioni non risolte e persino da un senso di drammaticità storica, il
tanto lodato rapporto Attali mi sembra poco più che acqua fresca. Roba da
fighetti: un assemblaggio di cose giuste e cose superflue amalgamate da una
salsa “politicamente corretta” che da sinistra si vorrebbe fosse
apprezzata anche a destra.

In gergo le chiamano “riforme non partisan”. Ma se questo è ciò che
la “non partigianeria” produce, assai meglio un po’ di appassionata
faziosità. Anche in questa campagna elettorale!

Diario di un candidato