Vive la France
Ci sono giorni che ad apertura di giornale anche chi non simpatizza per la Francia giacobina, accentratrice, napoleonica ecc. ecc. (io per esempio) è assalito da un moto di invidia accompagnato dalla dolorosa domanda “perché non noi?”.
Appare le President Macron, comunica che l’epidemia di Covid-19 morde meno, annuncia un cronoprogramma in tre tappe, univoco e lineare, per le riaperture da qui a gennaio (scuole, esercizi commerciali, bar, ristoranti).
Indipendentemente dal merito, indipendentemente dall’idea che ognuno di noi si è fatta sul modo in cui i governi hanno gestito l’emergenza, volete mettere la differenza?
Intanto parla uno, uno che ha l’autorità per farlo, che è stato messo lì dai cittadini elettori. Da noi parlano tanti, tutti i giorni (non solo il presidente del Consiglio): ministri, esperti, virologi, consulenti annunciano provvedimenti contraddittori, aggirandosi ciascuno secondo le sue inclinazioni tra date aleatorie, 21 indici, 3 colori, 100 previsioni oscure. E poi se basta l’RT o se adesso che si abbassa non conta più niente e conta qualcuno degli altri 20, che dobbiamo fare a Natale, chi e come potrà uscire di casa e andare a trovare i parenti – e quanto “stretti” – in quanti si dovrà mangiare il panettone, a che ora potremo uscire dalla Messa della vigilia. Per ora non hanno ancora sproloquiato sul menù del cenone, ma mi aspetto che almeno un richiamino del predicatore alla “sobrietà” prima o poi ci scappi. E poi se andremo a sciare, se la scuola riaprirà e quando (a dicembre, a gennaio o forse mai tanto la DAD è una cosa meravigliosa), se si deve fare il vaccino col patentino obbligatorio o se al vaccino bisogna fargli proprio marameo. E ognuno – ministro, esperto, consulente – si pone in qualche modo come assertivamente definitivo. Prendete il caso del consulente che dice “se sarà necessario il vaccino lo renderemo obbligatorio” (lui è consulente, non ministro, sembra un dettaglio pignolo ma invece la dice lunga). Tutti insieme ci restituiscono l’immagine di un ceto politico-scientifico-giornalistico ansiogeno, intento a propagare devastante confusione e destabilizzante incertezza.
Insomma, almeno per questa volta, perfino quelli fra noi che coltivano le memorie della chouannerie devono adattarsi a scandire ad alta voce: vive la France, la douce France, la vielle France!