Ora Benedetto XVI deve pensare a rievangelizzare il Belgio

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Ora Benedetto XVI deve pensare a rievangelizzare il Belgio

28 Giugno 2010

Quanto è accaduto in Belgio nei giorni scorsi si presta ad una considerazione di buon senso prima di tutto e poi ad una riflessione più approfondita di tipo socioculturale. Dal primo punto di vista la cosa ha dell’assurdo. Che bisogno c’era di tenere i vescovi belgi bloccati per 9 ore? Che bisogno c’era di sequestrare i dossier, i computer e i telefoni del vescovado? Di interrompere la riunione della Conferenza episcopale belga? Di sequestrare gli oltre 400 dossier accumulati dalla Commissione indipendente voluta dalla Chiesa belga? Questi dossier contengono informazioni riservate che non è detto abbiano rilievo penale, fornite da persone che hanno chiesto di tenere l’anonimato, ma che rischiano di venire divulgate e inoltre riguardano anche casi ormai caduti in prescrizione. Che bisogno c’era di aprire la tomba dei cardinali Mercier e Suenens alla ricerca di documenti nascosti?

Questo è un primo livello di stupore cui arriva chiunque consideri oggettivamente e con buon senso la cosa. In Belgio non esiste un Concordato. La cosa è paradossale. Non esiste, infatti, in quanto il Belgio è sempre stato una nazione cattolica, anzi una vera e propria culla del cattolicesimo sociale europeo. L’Università di Lovanio, il tomismo del cardinale Mercier, le prime esperienze dei laici cristiani e il codice di Malines hanno dimostrato la profonda relazione del Belgio con il cattolicesimo, dovuto anche a ragioni storiche, quali la contrapposizione con il nord calvinista. Per questo non c’è un Concordato. Ma ora, la mancanza di un Concordato espone la Chiesa a forme di indagine lesive della sua autonomia ed espressione di una sostanziale sfiducia nei suoi confronti. Le profanazioni per motivi di indagine delle due tombe denunciano qualcosa di più di un eccesso di acribia investigativa. La mancanza del Concordato, che in sé potrebbe evidenziare una forza del cattolicesimo belga, in realtà ora ne evidenzia la grande debolezza.

Questa considerazione ci guida verso il secondo livello, quello culturale e sociale. Il Belgio, assieme al Lussemburgo e all’Olanda, è tra i paesi europei che maggiormente hanno subito una deriva secolarista molto accentuata e, per certi versi, addirittura selvaggia. La società si è enormemente frammentata sul piano dei valori. In tutti e tre i Paesi sono in vigore aborto spinto, eutanasia e matrimoni omosessuali: indici di modernizzazione ma anche di rarefazione etica e di individualismo sociale. A differenza del Re Baldovino, l’attuale sovrano del Belgio non si è opposto a queste leggi e non ha fatto nessuna obiezione di coscienza, espressione di un cambiamento dello stesso Paese che si riflette nella casa reale. Il progressismo cattolico non ha pagato, la società belga si è sempre più scristianizzata.

I commentatori dicono che Benedetto XVI ha creato cardinale di Bruxelles Mons. Léonard proprio per invertire la rotta rispetto alla linea del cardinale Suenens, per togliere la Chiesa dall’appiattimento sul mondo, per risvegliare una spiritualità mai eliminata ma certamente sopita, per riscoprire una pastorale della missione e della evangelizzazione in una società postcristiana. I fatti dei giorni scorsi sono anche espressione di questa “rottura” tra il Belgio e la Chiesa cattolica, una rottura nel comune sentire. La Chiesa non viene più percepita come un importante interlocutore di cui avere rispetto e fiducia, una realtà che ha nutrito la comunità belga dal punto di vista della propria cultura, ma come una qualsiasi agenzia sociale alla quale si applicano le procedure, magari addirittura esacerbandone i toni. Una cricca del malaffare, una banda di criminali, un covo di malviventi, così, affermano i giornali, sembra siano stati considerati i vescovi.

La questione della pedofilia può aver contribuito a questo scollamento tra la Chiesa e la società belga.  Ma qualcuno osserva che quello della pedofilia è il pretesto di cui l’anticlericalismo militante oggi si avvale. Del  resto il progressismo del cattolicesimo belga non sembra essere riuscito a fermare gli scandali né a stabilire un vero rapporto di cordialità con la nazione. Papa Benedetto XVI ha scritto al Primate del Belgio, l’arcivescovo di Bruxelles Léonard. Ha denunciato l’aggressione alla Chiesa, non ha protetto nessuno a scatola chiusa, si è detto convinto che la giustizia civile  debba fare il proprio corso e quindi non ha gridato a nessun complotto, ha chiesto rispetto reciproco tra Chiesa e Stato e, infine, si è detto “vicino” ai vescovi belgi. Un vicinanza non solo in questo momento di prova, ma anche e soprattutto in un’azione pastorale efficace di rievangelizzazione del Belgio. Perché il problema, alla fine, è tutto lì.