Ora riduciamo il debito e stimoliamo la crescita del Pil
13 Giugno 2008
In base agli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia a marzo 2008 il debito pubblico italiano ha fatto registrare un nuovo record a quota 1.648 miliardi di euro, superando il precedente massimo toccato a ottobre 2007 di 1.629 miliardi.
La notizia presa al suo valore facciale potrebbe generare qualche equivoco che è bene chiarire. E’ del tutto ovvio che l’ammontare del debito in valore assoluto cresca sistematicamente, fintanto che i conti pubblici continueranno a registrare un disavanzo tra entrate e uscite. Ciò che, tuttavia, rileva sul piano economico e politico è il livello del debito in rapporto al prodotto interno lordo (Pil). E’ questo l’indicatore a cui guardano gli operatori di mercato per valutare il rischio del debitore e per determinare quindi il tasso di interesse a cui sono disposti a sottoscrivere i titoli del debito italiano.
Analiticamente è facilmente dimostrabile che il rapporto debito – Pil decresce, ceteris paribus, se aumenta l’avanzo primario (differenza tra ricavi e spese al netto della componente interessi) e se aumenta il tasso di crescita reale del Pil; il rapporto cresce, invece, se aumenta il tasso di interesse reale, al netto cioè dell’inflazione attesa.
Dato quindi l’obiettivo imprescindibile per il nostro paese di ridurre il rapporto debito-Pil , come ricordava anche il Governatore Draghi nelle recenti Considerazioni finali, ne deriva che occorre assumere iniziative di politica economica volte sia a ridurre il debito, sia a stimolare la crescita del Pil, o quanto meno a non penalizzarla. L’azione di contenimento del rapporto debito – Pil è tanto più efficace quanto più riesce ad agire simultaneamente sulle due componenti della frazione riducendo il numeratore e aumentando il denominatore.
In questa prospettiva sono molto efficaci le riforme di tipo strutturale, quali le liberalizzazioni, che hanno un forte impatto positivo sulla crescita con un costo nullo o pressoché irrilevante in termini di disavanzo della pubblica amministrazione, o le privatizzazioni, che comportano una riduzione del debito è un aumento dell’efficienza produttiva e quindi un salto del tasso di crescita del Pil.
Sono invece molto inefficaci, se non addirittura controproducenti, le manovre che perseguono la correzione del rapporto debito-Pil con un incremento delle imposte. Se da un lato, infatti, si ottiene un immediato aumento dell’avanzo primario, i benefici che ne conseguono in termini di riduzione del debito sono vanificati in parte, se non in toto, dall’impatto negativo sulla crescita del Pil causato dalla aumento della pressione fiscale.
E’ stato questo il punto debole della politica di bilancio del Governo Prodi, che ha perseguito la correzione del disavanzo prevalentemente aumentando le imposte, tanto che la pressione fiscale ha raggiunto il record del 43,3 per cento, senza nel contempo riuscire a realizzare stimoli alla crescita stante la difficoltà di implementare le “lenzuolate” di liberalizzazioni.
Un errore che – almeno per quanto scritto nel programma del Popolo della libertà – riteniamo il Governo Berlusconi non dovrebbe commettere.