Ottimizzare non massimizzare: le nuove strategie per i leader del futuro
30 Maggio 2008
Ottimizzare, non massimizzare. Riassumere il contenuto di un libro in una frase non è mai semplice e, anche nel caso di Megacommunities, il tentativo rischia di comunicare solo in parte il messaggio che il lavoro regala ai suoi lettori.
Ma tant’è, una recensione serve per lanciare spunti ed invitare alla lettura, non fare da sintesi.
Nel caso di Megacommunities – realizzato da un quartetto di consulenti dell’autorevole società di consulenza governativa Booz Allen Hamilton’s – l’invito è a ripensare completamente il mondo in cui viviamo, la società globalizzata del XXI secolo con la sua complessità e le sue interdipendenze intricate e a trovare nuovi strumenti per la risoluzione dei problemi che essa pone.
Questo mondo, ci dicono Gerencser, Van Lee, Napolitano e Kelly, chiede ai nuovi leader creatività e immaginazione, l’abilità di costruire fiducia e formare alleanze “triangolari” tra i tre grandi player della società globale: imprese, governi e società civile.
Per rendere concreto quanto dicono, gli autori di Megacommunities forniscono alcuni esempi, dalla lotta all’Aids alla rivitalizzazione urbana di Harlem, passando per la salvaguardia della barriera corallina. In ognuno di questi casi, solo la costruzione di megacomunità darebbe chance di successo nel difficile compito di governare ciò che è complesso.
Per i lettori italiani, risulta interessante conoscere il punto di vista degli autori rispetto ad un noto “fallimento”: il rigassificatore di Brindisi che Enel e British Gas avevano deciso di realizzare qualche anno fa. Un’opera necessaria, strategica, innovativa, capace di portare ricchezza e occupazione in un’area economica depressa, grazie ad una fonte di energia pulita. Le due compagnie avevano pianificato gli aspetti economici, legali e tecnici nel dettaglio, il governo italiano era favorevole al progetto. Tutto sembrava dover “filare liscio”. Eppure non è andata così.
L’opposizione di alcuni gruppi ambientalisti, amplificata dalla stampa, influenzò profondamente l’opinione pubblica, che iniziò a vedere nella costruzione del rigassificatore una minaccia per l’integrità della meravigliosa costa brindisina. “Salviamo Brindisi” divenne l’imperativo categorico, gridato da migliaia di manifestanti scesi in strada nel luglio del 2005. Alcuni mesi dopo, il progetto fu archiviato, in attesa di sviluppi futuri.
Cosa non ha funzionato? Per gli autori del libro, la risposta è semplice: Enel e British Gas avrebbero dovuto erigere una megacomunità. In parole povere, avrebbero dovuto coinvolgere nel progetto un ampio spettro di portatori di interessi, lavorando insieme al governo (nazionale e locale) e alla società civile, costruendo con loro un insieme di obiettivi interdipendenti ed interessi condivisi. Anziché massimizzare la propria utilità, le due compagnie avrebbero dovuto ottimizzare l’azione aprendo alla collaborazione degli altri due grandi stakeholder.
A tutti i leader globali, alle prese con la gestione di problemi multi-settoriali complessi e ramificati, dagli autori arriva l’invito a rileggere la teoria dei giochi, per evitare di restare impigliati nel mondo egoistico del dilemma del prigioniero e cercare invece il mondo cooperativo dell’equilibrio di Nash.
La storia della società umana è piena di esempi in cui un individuo, un’impresa o un’organizzazione cercano di massimizzare la loro utilità senza riguardo per le conseguenze per gli altri e per gli effetti di lungo periodo. Dall’impero romano allo scandalo Enron, gli autori evocano numerosi casi in cui la logica della sola massimizzazione ha, a loro giudizio, indotto dei veri e propri fallimenti. Non è un errore in cui incorrono solo i governi o le imprese: nel caso di organizzazioni non governative attive nel campo ambientale, ad esempio, la logica della massimizzazione dei loro interessi è ciò che conduce spesso alla paralisi.
A questi errori gli autori del libro oppongono una visione alternativa: quando i leader di un settore riconoscono e includono gli obiettivi degli altri settori nella loro programmazione – ossia quando perseguono una strategia di ottimizzazione, costituendo una megacomunità – il risultato conduce ad un rafforzamento di ognuno dei player interessati.
Dopo aver letto il libro, si ha la percezione di avere uno strumento in più per decodificare la realtà. Allo stesso tempo, si possono fare alcune considerazioni in salsa italiana.
La vicenda del rigassificatore di Brindisi, ad esempio, non è un caso isolato. Dalla Tav alla difficoltà di individuare le aree da destinare a discarica in Campania, la sindrome nimby percorre il paese da nord a sud: il fallimento di Brindisi non è attribuibile solo alle errate valutazioni di Enel e British Gas, anzi. Vi sono probabilmente cause più profonde che attengono alla cultura del paese e alla debolezza delle istituzioni e della politica.
E poi, una domanda sorge quasi spontanea: cosa differenzia le megacomunità dal metodo della concertazione “con le parti sociali”, divenuto in Italia un totem quasi inviolabile nonostante la sua sostanziale inefficacia? Gli autori non lo dicono e – probabilmente – è opportuno che ognuno si formi la propria opinione leggendo il libro. Ma una considerazione può esser fatta: la costituzione di una megacomunità e la possibilità di lavorare per l’optimizing necessita anzitutto di coesione tra le parti, ognuna delle quali è tenuta a riconoscere gli obiettivi degli altri e a considerarli “legittimi”. Gli accordi nel mercato del lavoro e in materia di welfare cui abbiamo assistito negli ultimi anni sembrano mancare proprio di valori di base condivisi: quando si urla al “massacro sociale” per una riforma pensionistica o si definisce “battaglia di civiltà” la difesa dell’Articolo 18, si nega implicitamente la legittimità stessa delle posizioni altrui e l’unico accordo possibile è un’intesa tra “massimizzatori”. Molti spunti, buona lettura a tutti i leader.