Pandemia demografica (di G.Quagliariello)

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Pandemia demografica (di G.Quagliariello)

16 Maggio 2021

Se il trend di questi giorni e l’effetto decisivo della campagna vaccinale sui dati che contano – ricoveri, terapie intensive e decessi – si consolideranno, al netto di varianti o recrudescenze improvvise che grazie al cielo al momento non sembrano alle viste, potremo dire che la pandemia è alle nostre spalle. Ciò significa che nei prossimi mesi, al di là dei tentativi degli opposti contraenti di questa maggioranza emergenziale di buttarsi l’un l’altro fuori strada approfittando dei rispettivi errori – tentativi che saranno continui e ripetuti -, il vero tema al centro dell’agenda sarà la ripresa e l’attuazione del piano Next Generation (il recovery, per intenderci). E forse potrà essere anche il momento per il presidente Draghi di schierare in campo la sua squadra e farla giocare a pieno ritmo.

Insomma, i marxisti direbbero che siamo a un cambio di fase. Ma, a proposito di Next Generation, verrebbe da chiedersi: what generation? Se vogliamo infatti che lo sforzo poderoso al quale siamo chiamati possa avere un futuro, bisognerebbe innanzi tutto fare in modo che una generazione alla quale rivolgersi ci sia.

Il lungo inverno demografico in Europa e in particolare in Italia non è iniziato certo con il Covid. E’ un problema risalente negli anni, ben messo a fuoco a suo tempo dal “Progetto Culturale” promosso dal cardinale Ruini negli anni della presidenza della Cei. Con la pandemia, però, la falla è diventata una voragine. E, oltre alle considerazioni più profonde sulla precarietà del senso di futuro che ciò comporta, il dato rischia di impattare su alcuni aspetti che se si vuole parlare seriamente di ripresa non possono essere ignorati.

Il welfare, innanzi tutto. Lo Stato sociale, e in primis il sistema previdenziale, si regge sull’equilibrio fra popolazione occupata e popolazione pensionata. Il combinato disposto tra l’allungamento della vita media e il decremento delle nascite è una bomba a orologeria destinata a minare la sostenibilità del modello assistenziale come l’abbiamo fin qui conosciuto.

In secondo luogo, il ripopolamento di alcune zone del Paese. Possiamo compiere tutti i tentativi che vogliamo, inventare i piani di intervento più ambiziosi per rendere attrattive le aree maggiormente colpite, a causa della coincidenza di fattori endemici e delle calamità sismiche, dal fenomeno della desertificazione abitativa, ma qualunque sforzo è destinato a vanificarsi se calato in un contesto generale di depressione, perché sarebbe come pensare di riempire un sacco vuoto attingendo da altri sacchi vuoti.

Infine, l’immigrazione. Un fenomeno epocale, che va governato, e che forse però dovrebbe essere trattato tenendo conto anche del dato demografico. Vale a dire con il pragmatismo dimostrato da Angela Merkel con l’ingresso degli ingegneri siriani in Germania, senza fermarsi alla dimensione buonistico-moralistica da un lato e a quella securitaria dall’altro. Se si guarda la situazione italiana nel suo complesso e in prospettiva futura, un dibattito realmente patriottico dovrebbe tener conto anche di questi aspetti.

Che fare, dunque? Non esistono sul piano materiale ricette magiche in grado di invertire la tendenza, e non è neanche detto che le proposte economiche e organizzative ciclicamente avanzate per incentivare la natalità siano destinate al successo. La curva demografica dipende infatti anche, e direi soprattutto, dal sentimento di vitalità delle popolazioni; in caso contrario non si spiegherebbe il motivo per il quale nel secolo scorso si facevano figli anche sotto le bombe. E’ fuori di dubbio, tuttavia, che vi sono aspetti pragmatici che quel sentimento potrebbero contribuire a stimolarlo. E, sempre per restare sul concreto, non bisogna sottovalutare l’incidenza che la demografia ha sui consumi, a cominciare da quelli interni.

Su questo terreno la si può pensare in maniera più o meno secolare, si possono avere approcci differenti, ma è fuori di dubbio che dovrebbe essere uno dei grandi temi del lavoro parlamentare. In Parlamento in queste settimane c’è chi propone altri argomenti, avanza “emergenze” sulle quali, senza polemica, mi permetto di avanzare qualche dubbio. Noi, dal canto nostro, proporremo a senatori e deputati di sottoscrivere la richiesta di una sessione dedicata alla demografia, strutturata e ben preparata, possibilmente da concretizzare non solo in mozioni e dichiarazioni d’intenti ma anche e soprattutto in ipotesi legislative. Si tratta di una delle grandi emergenze del nostro tempo. Forse è di questo, prima che di altro, che dovremmo occuparci per accompagnare degnamente il Paese fuori dalla pandemia e proiettarlo verso il futuro.