Paradossi culinari: ritrovarsi a Ischia a mangiar carne tutti intorno al Focolare

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Paradossi culinari: ritrovarsi a Ischia a mangiar carne tutti intorno al Focolare

26 Luglio 2009

Muovendosi con un minimo di accortezza, gettando una rapida occhiata preliminare al contesto generale del locale a cui si è pensato di puntare, visionando  con qualche attenzione il pesce in esposizione prima di accomodarsi a un tavolo, è davvero impresa non ardua mangiare bene, anche molto bene, in tutti i sei comuni dell’Isola d’Ischia.  A dispetto, infatti, dell’alluvionale afflusso turistico che caratterizza il territorio, condizione che (come, malauguratamente, si può agevolmente constatare nelle nostre città d’arte), per lo più, determina lassismo nei ristoratori, i locali ischitani evidenziano una lodevole qualità media tendenzialmente alta. La capacità dei cuochi  (fatta innanzitutto di intelligente semplicità) è sorretta dalla disponibilità di una materia prima straordinaria, a cominciare dal pescato, spesso di superba qualità, ma passando anche per verdure squisite, per la cui sapidità le caratteristiche  vulcaniche del terreno offrono un non secondario contributo. Se poi consideriamo che l’isola si caratterizza per una radioattività che è seconda solamente a quella di un altro isolotto di origine vulcanica dell’arcipelago nipponico e, quindi, stimola non poco il metabolismo, si può dire che in situ sussistano tutte le condizioni per un soggiorno gastronomicamente felice, anche per le quantità che ci si può concedere (e rapidamente smaltire).

Fermo restando il mitico  ristorante Il delfino di Lacco Ameno (un classico del piacere ittico) è, ad esempio, senz’altro consigliabile una visita a Maria e Giulietto, un piccolo  giovane locale di Casamicciola (ove la lentissima cottura del pesce sulla pietra ne esalta splendidamente il sapore) ovvero percorre sino in  fondo la lunga “riva destra”, straboccante di ritrovi e locali (per lo più validi e con proposte e prezzi graduati per tutte le tasche) del porticciolo di Ischia paese, per giungere sino all’ormai storico La baia del clipper (dove alla piacevolezza del desinare si aggiunge la suggestione di farlo, appartatamente, proprio sul mare  – direi  quasi “nel mare” – con il faro di fronte e l’andirivieni di barche e battelli a pochi metri dai tavoli). Va detto, tuttavia, che l’isola offre anche un’importante  tradizione culinaria schiettamente di terra, che affonda le radici nella sua storia di agricoltura e, soprattutto, di viticoltura, tradizione in cui i tesori del mare sono del tutto banditi dai piatti.

Parlando di cucina di terra è doveroso riferirsi a la trattoria Il focolare, situata in Barano, locale che di questa cucina è divenuta il tempio, con il “gran sacerdote” Riccardo D’Ambra, la moglie veneta Loretta e gli otto figli uniti a tener viva ed a rilanciare con inesausta passione la tutela dei sapori più antichi di un territorio che visse per secoli, come si è detto, di agricoltura e che solo il boom turistico del secondo dopoguerra (è storia il contributo di Angelo Rizzoli al riguardo) ha proiettato, direi quasi con violenza, in via affatto prevalente sul mare.

Il focolare è, dunque, un tipico ristorante di carni e verdure del territorio, collegato, come presidio, allo Slow Food di Carlin Petrini. Personalmente sono portato al politicamente scorretto e, quindi, debbo francamente dire che la mistica che si è costruita intorno al coniglio di fossa (cioè allevato in condizione semi selvaggia, con la possibilità di dare libero sfogo alla naturale propensione di scavare cunicoli e gallerie, svolgendo una tonificante attività fisica a vantaggio delle carni, attività del tutto inibita dall’allevamento in gabbia) o al fagiolo zampognaro (saporosa tipologia di legume locale, salvato in estremis da quella che sembrava l’ineluttabile estinzione) mi pare lievemente eccessiva (“esageruma nen” è la vera bandiera del territorio in cui sono nato io…). Detto questo, tuttavia, ben venga la possibilità che Il focolare offre di gustare, nella frescura, anche estiva, di una collocazione già “di montagna” piatti davvero inaspettati. Tra gli antipasti, ovviamente, è da provare la caponatina, per l’appunto, di fagioli zampognari con salsa agli agrumi, la deliziosa fantasia di verdure, la saporosa pancetta della casa accompagnata dal pecorino di Laticauda, la terrina di parmigiano tartufata (e il “tartufamento” è una stupidaggine inutile) accompagnata dai funghi (questi davvero ottimi). La pasta fresca domina i primi piatti, con lasagne, pappardelle, mezzanelle variamente sposate, con una particolare menzione per gli gnocchi di melanzane con pomodorino e provola. Per i secondi, va fatto onore (previa specifica prenotazione) al coniglio all’ischitana nel coccio (tegame di fasto barocco), alle succulente salciccie alla brace, ma anche, del tutto delocalizzati grazie alla catena Slow Food, alla tagliata di bovini di Razza Piemontese e il pollo di Tonco. Validi i dolci – in primis il soufflé al cioccolato – fatti in casa al pari del pane. L’accoglienza è ottima e ricca di spiegazioni e notizie.

La cantina non è enorme, ma con valide etichette e ricarichi assai contenuti, al pari dei prezzi del locale in generale, che si propone per un ottimo rapporto costo/qualità.

La trattoria Il focolare – Via Cretajo al Crocefisso, 3 – Barano d’Ischia – Telefono: 081/902944 – non chiude mai ma è sempre opportuno telefonare preventivamente (attesa anche la location).