Paradossi italiani: mettere alla sbarra chi ci difende da mafia e terrorismo

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Paradossi italiani: mettere alla sbarra chi ci difende da mafia e terrorismo

14 Giugno 2012

Se, come promesso da Antonio Manganelli subito dopo la strage di Brindisi, il responsabile di un crimine tanto odioso è stato arrestato – tra l’altro, costruendo un argine contro certe derive dietrologiche in corso – è anche per il brillante lavoro di poliziotti come Francesco Gratteri, guida della Divisione centrale anticrimine, e Gilberto Caldarozzi, al vertice dello Sco; entrambi nei prossimi giorni rischiano di veder confermate significative condanne dalla Cassazione per la vicenda del G8 genovese del 2001, a ben undici anni di distanza da quei fatti. Ove questa eventualità dovesse inverarsi, le nostre forze dell’ordine perderebbero l’ apporto di professionalità indiscusse ed apprezzate a livello internazionale.

Se, da notizie delle ultime ore, una raffica d’arresti ha colpito struttura e capacità operative della Fai e del Fri, Federazione anarchica informale e Fronte rivoluzionario internazionale, reduci da attentati che proseguono dal 2009 e probabilmente collegati col ferimento del dirigente Ansaldo, Roberto Adinolfi, il merito è del Ros dei Carabinieri, comandato dal generale Giampaolo Ganzer; anche questesperto ufficiale, dal 24 Settembre in avanti, dovrà affrontare un delicato processo d’appello dopo la condanna in primo grado a quattordici anni per traffico di stupefacenti, falso e peculato.

Un marziano che, come piacerebbe a Flaiano, fosse catapultato a Roma non crederebbe ai proprio occhi: possibile che le migliori energie impegnate contro mafia, terrorismo, malavita organizzata e comune del nostro Paese finiscano alla sbarra pur svolgendo egregiamente la propria missione?

Possibile. Si dirà che in uno Stato di diritto le sentenze vanno sempre e comunque rispettate, ed è un’ osservazione formalmente corretta da tenere nel debito conto. Ma l’attenersi al più rigido protocollo del politically correct non può cancellare la contraddizione stridente di vedere valenti servitori delle istituzioni costretti a difendersi da accuse gravi e, contemporaneamente, intenti ad assicurare a quella giustizia che rischia di metterli fuori gioco perigliose minacce alla sicurezza del Paese.

Quest’ ossimoro, non nuovo nella storia italiana, merita una riflessione approfondita dell’opinione pubblica e della politica. Intanto, aspettando l’esito dei diversi giudizi, comunque vada, un plauso a Gratteri, Caldarozzi, Ganzer e ai loro collaboratori per i successi ottenuti in quella prima linea dove i proiettili, davvero, sembrano arrivare da tutte le direzioni.