Parte la maratona elettorale in India.  Più di 700 milioni di iscritti al voto

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Parte la maratona elettorale in India. Più di 700 milioni di iscritti al voto

21 Aprile 2009

È ricominciata la grande maratona elettorale indiana. La più colossale macchina elettorale del mondo nel 2004 portò al voto 670 milioni di persone: molti analfabeti, ma con l’utilizzo di un milione di macchine per votare elettroniche, secondo un tipico contrasto di quell’India che è comunque una potenza informatica di levatura mondiale. Allora si votò in quattro fasi, ma adesso ce ne vorranno cinque.

La prima, quella del 16, ha già riguardato 143 milioni dei 714 milioni di elettori iscritti, e 124 dei 543 seggi. Ed ha già provocato 18 morti per effetto dell’offensiva che i ribelli maoisti hanno lanciato contro il voto negli stati di Bihar, Jharkhand, Chhattisgarh e Orissa, minacciando di tagliare le mani a chiunque vada a votare. Mentre nel Kashmir i separatisti musulmani hanno pure avvertito che chiunque voti sarà considerato un traditore. Seguiranno gli altri turni del 22-23 aprile, 30 aprile, 7 maggio e 13 maggio, con l’annuncio dei risultati tutti in una volta il 16 maggio. Costo previsto per l’operazione, 176 milioni di euro.

Due i candidati ufficiali a premier. L’uno è il primo ministro in carica Manmohan Singh per quella coalizione dell’Alleanza Progressista Unita che attorno al partito del Congresso di Sonia Gandhi vede alleati altri nove partiti minori. E cioè: il Rashtriya Janata Dal (Partito Nazional-Popolare), che si proclamava partito nazionale ma è in effetti un partito del Bihar e di elettori o musulmani e membri della casta Yadav; il Dravida Munnetra Kazhagam (Federazione Progressista Dravida), partito regionale del Tamil Nadu; il Partito del Congresso Nazionalista, nato da una scissione anti-Sonia Gandhi del congresso e basato soprattutto sul Mahrashtra; lo Jharkhand Mukti Morcha (Fronte di Liberazione dello Jharkhand), partito regionale appunto del Jharkhand; il Lok Janshakti Party, espressione dei paria del Bihar; l’All India Majlis-e-Ittehadul Muslimeen, espressione dei musulmani di Hyderabad; il Republican Party of India (Athvale), frazione dello storico partito dei paria; il Sikkim Democratic Front, partito regionale appunto del Sikkim; e l’Indian Union Muslim League, che malgrado l’etichetta nazionale è partito dei musulmani del Kerala.

Contro di lui c’è il leader del partito della destra induista Bharatiya Janata Party (Partito Popolare Indiano) Lal Krishma Avani, che secondo la prassi stile Westminster dell’India ha lo status ufficiale di capo dell’Opposizione, e che è a sua volte appoggiato da una Alleanza Democratica Nazionale a sua volta formata da 10 partiti: lo stesso Bjp; lo Shiv Sena, gruppo ultra-indù del Mahrashtra; lo Janata Dal (United), partito locale di Bihar e Karnataka; lo Shiromani Akali Dal, partito dei sikh del Punjab; l’Indian National Lok Dal, partito dell’Haryana; l’Asom Gana Parishad, partito dell’Assam; Rashtriya Lok Dal, partito dell’Uttar Pradesh; il Nagaland People’s Front, partito di quel Nagaland che è lo Stato più massicciamente cristiano dell’India; il Gorkha Janmukti Morcha, partito dei gurkha del Bengala Occidentale; Uttarakhand Kranti Dal, partito di centro-sinistra dell’Uttarakhand; e il Kamtapur Progressive Party, altro partito del Bengala Occidentale. Quest’alleanza unisce una piattaforma genericamente più a destra di quella del governo con proposte che invece lo scavalcano a sinistra, in particolare in materia di energia verde.

C’è anche un Terzo Fronte, con partiti di sinistra e regionali. Cioè: il Partito Comunista dell’India (Marxista), filo-cinese; il Partito Comunista dell’India, già filosovietico; il Telugu Desam Party, partito dell’Andhra Pradesh; il Telangana Rashtra Samithi, altro partito regionale dell’Amdhra Pradesh; l’All India Anna Dravida Munnetra Kazhagam, partito del Tamil Nadu; il Pakkali Makal Katchi, altra forza locale del Tamil Nadu; il Bahujan Samaj Party, partito socialista basato principalmente sull’Uttar Pradesh, ma che punta di essere partito di tutte le minoranze dell’India, dai paria ai buddhisti ai tribali adivasi; il Janata Dal (Secular), partito socialdemocratico dell’ex-premier Deve Gowda; l’All India Forward Bloc, antica scissione del Congresso che ha nel simbolo la falce e martello ma nella Seconda Guerra Mondiale si schierò con i giapponesi; il Partito Rivoluzionario Socialista, risalente a un’antica scissione del comunismo indiano che contestava Stalin senza essere trozkysta; l’Haryana Janhit Congress, partito regionale dell’Haryana; il Biju Janata Dal, partito regionale dell’Orissa;. Il Terzo Fronte non ha designato un candidato a premier in modo ufficiale, ma in pectore il suo leader è la leader del  Bahujan Samaj Party Mayawati, paria e popolare Chief Minister dell’Uttar Pradesh. Da ultimo, si è iniziato a parlare anche di un “Quarto Fronte” i cui partner sarebbero il Samajwadi Party, “Partito Socialista” dell’Uttar Pradesh; assieme a un Rashtriya Janata Dal e a un Lok Janashakti Party che si potrebbero rendere indipendenti dal Congresso. Avani ha commentato: “se il terzo Fronte è una fallacia, il Quarto Fronte è una fantasia”.