Parte la missione italiana in Cina ma pesa l’assenza di Scajola

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Parte la missione italiana in Cina ma pesa l’assenza di Scajola

28 Maggio 2010

Oggi una megadelegazione italiana parte alla volta della Cina. Obiettivo: trovare spazio in Oriente, studiare  nuove partnership e stringere accordi importanti tra le aziende italiane e quelle cinesi. Gli incontri “be to be”  saranno il cuore della missione, una cinque giorni spalmata tra Chongqing, Shanghai, Pechino. Si tratta della terza grande missione di sistema italiana nel Paese del Dragone, che lo stesso Sacconi ha definito "un partner primario commerciale e un interlocutore per un futuro stabile dell’economia e della politica globale".

Emma Marcegaglia l’ha ripetuto anche due giorni fa: "Bisogna avere un maggiore capacità di andare a produrre e vendere in Asia, Brasile, India e nei Paesi del Golfo", anche perché, come ha ribadito ieri davanti a Berlusconi nel corso dell’assemblea pubblica di Confindustria di metà mandato, per l’Italia il bilancio della crisi "è pesantissimo". "Rispetto ai picchi del primo trimestre 2008 – ha detto il presidente degli Industriali – abbiamo perso quasi 7 punti di Pil e oltre 700.000 posti di lavoro. Il ricorso all Cig è aumentato di sei volte. La produzione industriale è crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati".

E oggi si passa alla fase operativa. La missione – organizzata da Confindustria, Abi e Ice insieme ai ministeri dello Sviluppo Economico e degli Affari Esteri – coinvolgerà 230 aziende, 600 partecipanti e 18 associazioni industriali. Una missione con tutti i crismi quindi, che il Sole24Ore giustamente "pubblicizza" da mesi. Peccato per qualche problemino di carattere organizzativo che per ovvi motivi interessa la prima delle mete da toccare: Chongqing, il nuovo miracolo cinese, il cui sorprendente dinamismo dal punto di vista economico la sta facendo crescere a ritmi da capogiro.

Il vuoto lasciato da Scajola in quello che in questa missione è considerato il ministero-chiave, avrebbe infatti creato più di qualche maldipancia in terra straniera. I cinesi, si sa, sono iper-ordinati, iper-organizzati, iper-puntigliosi. E quando sanno di dover accogliere un ospite, prima di stringergli la mano si informano sul suo conto. Così, quando Scajola è finito nel tritacarne, a loro, perfezionisti di natura, deve essere preso un colpo.

Fonti vicine alla delegazione e presenti in Cina raccontano di numerosi solleciti inviati in Italia per venire a conoscenza del nome del sostituto, a fronte dei quali non sarebbe arrivata per lungo tempo alcuna indicazione, al punto da creare una serie di problemi di cattiva organizzazione anche sul fronte cinese. Anche perché i cinesi sono notoriamente precisi ma molto riflessivi, quindi poco reattivi e ancor meno impulsivi, specie davanti agli ostacoli. La preoccupazione, fino a ieri, era forte proprio perché i cinesi (non avendo ben chiaro il quadro) non avevano ancora messo in moto la macchina per organizzare i rapporti bilateriali tra le loro aziende e quelle italiane. O perlomeno, non l’avevano ancora messa a punto. Abituati come sono a scegliere il loro rappresentante in base all’ospite che hanno di fronte, a un certo punto avrebbero quasi "mollato la presa", piuttosto basiti per le abitudini italiane, così diverse dalle loro. Un ricordo (piuttosto recente) deve essere affiorato subito nelle loro menti: l’azzeramento della giunta comunale proprio in quella municipalità. Qualche mese fa infatti, un’inchiesta giudiziaria ha costretto il sindaco di Chongqing alle dimissioni, ma il giorno dopo ne è stato nominato uno nuovo. A tre settimane dalle dimissioni di Scajola invece, l’Italia non ha ancora un sostituto.

A poco sembra sia servita anche la rassicurazione in merito alla presenza di Adolfo Urso, sottosegretario allo Sviluppo Economico. Il motivo è presto detto: sempre in virtù della campagna "investigativa" che i cinesi compiono prima della visita dell’ospite, non sarebbe passata inosservata la spaccatura all’interno del Pdl con i finiani (con Urso schierato in prima linea) che hanno dato vita alla loro corrente. "Urso non rappresenta il Governo ma una parte di esso, l’ala minoritaria all’interno del maggior partito di Governo", sembra abbiano evidenziato gli orientali.

Poi è arrivato il nome di Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, fino a ieri impegnatissimo sul fronte della Manovra 2010-2011. Anche qui, però, (raccontano sempre fonti vicine alla delegazione) i cinesi avrebbero storto il naso: a loro interessava rispettare gli accordi e quindi avere il ministro dello Sviluppo economico e non quello del lavoro.

Chi ben comincia è già a metà dell’opera, recita un famoso detto. Certo, il vecchio adagio popolare non lo abbiamo rispettato alla lettera ma si sa, gli italiani all’estero sanno dare il meglio di sé e comunque vadano le cose – c’è da giurarci – torneranno trionfanti. E chissenefrega di una missione importantissima organizzata "all’italiana". L’importante sono i frutti. Sempre che arrivino.