“Pd e Pdl in crisi ma Napolitano non farà cadere il Governo così presto”

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“Pd e Pdl in crisi ma Napolitano non farà cadere il Governo così presto”

27 Settembre 2013

Vittorio Feltri, attuale direttore editoriale de «Il Giornale», il ventennio berlusconiano lo ha seguito e raccontato da vicino, con atteggiamento di certo mai conformistico. È noto, del resto, che non abbia peli sulla lingua: «A Silvio Berlusconi sto sulle balle perché una volta lo difendo e una volta lo punzecchio», dichiarò nell’aprile del 2001, dopo essersi già tuffato in una nuova avventura editoriale fondando il quotidiano «Libero». Al telefono con l’Occidentale, spiega con la solita franchezza di essere lui stesso nel pallone: «La verità è che non ci capiamo più niente, è il caos totale, e ho paura che non se ne esca».

Direttore, i parlamentari della neonata Forza Italia hanno annunciato dimissioni in massa, da formalizzare non appena la Giunta del Senato avrà votato la decadenza di Silvio Berlusconi. È una minaccia seria, un gesto dimostrativo o cos’altro?

«È un gesto dimostrativo, naturalmente politico e diretto prevalentemente al Partito Democratico, che si rifiuta in modo categorico di sottoporre la legge Severino al giudizio della Consulta per capire se può essere applicata retroattivamente o meno. Bastava un piccolo sforzo e non sarebbe successo quello che sta accadendo in queste ore. Detto ciò, sono anche convinto che difficilmente riuscirà la manovra delle dimissioni in massa perché la procedura è molto lunga, poi c’è un voto segreto e si sa che nel segreto dell’urna può succedere di tutto, tenendo conto che sono pochi i parlamentari che hanno voglia di andarsene a casa con la prospettiva, anzi nel rischio, di non essere più rieletti».

Alzare i toni ed evocare il colpo di Stato può aiutare in qualche modo il Cavaliere? 

«Non credo che questo possa aiutarlo, però comprendo che in questa fase di disperazione Berlusconi giochi qualsiasi carta pur di trovare una via di uscita al suo turbamento. Quanto a riuscirci, ho qualche perplessità».

Il Quirinale ha reagito duramente, ricevendo in cambio una serie di accuse pesanti. Si sta scivolando verso una grave crisi istituzionale o c’è ancora spazio per ricomporre la frattura?

«Che si stia scivolando verso una crisi istituzionale credo sia evidente a tutti, ma non escludo che anche questa volta si riesca a tamponare e a tirare avanti alla meno peggio, perpetuando una specialità tipicamente italiana. Certo, nessuno ha la sfera di cristallo e si vive in questi momenti di sensazioni; la mia sensazione è che qualche gabola possa essere trovata. Sono convinto per esempio che Napolitano, prima di sciogliere le Camere e porre fine alla legislatura, tenterà di tutto per ricostituire in Parlamento una maggioranza, magari anche abborracciata, che sia in grado di non far terminare la legislatura così in fretta, dal momento che con l’attuale legge elettorale difficilmente il quadro potrebbe mutare al punto da permettere ad un partito di avere la maggioranza senza dover ricorrere a delle coalizioni che sono sempre litigiose e difficili da guidare».

I Democratici ne approfitteranno per mandare tutto a carte quarantotto e impedire a Matteo Renzi di prendersi il partito?

«Quello che sta accadendo nel Partito Democratico in questo momento viene un po’ sottovalutato perché ci sono altre questioni che nel frattempo sono sopraggiunte. A largo del Nazareno c’è una situazione di tale caos che non si capisce come si possa trovare il bandolo della matassa. Renzi ha non poche frecce al proprio arco e potrebbe essere l’uomo adatto per vincere le elezioni, o comunque per accrescere il patrimonio di consensi del PD, ma sappiamo che in molti tenteranno fino alla fine di mettergli il bastone tra le ruote. Il sindaco di Firenze, comunque, è di sicuro un uomo abbastanza nuovo, sa comunicare, è in grado di sedurre la platea che lo ascolta, ma nessuno sa come si comporterebbe e che capacità avrebbe qualora arrivasse ad occupare la poltrona di Palazzo Chigi».

Direttore, c’è qualcosa che rimprovera a Silvio Berlusconi?

«Certamente. Intanto non ha pensato a governare come il Paese richiedeva: sono trascorsi vent’anni dalla sua discesa in campo e il bilancio complessivo è a mio giudizio abbastanza negativo. Bisogna riconoscergli il merito di aver impedito, nel 1994, la vittoria di Achille Occhetto che guidava la gioiosa macchina da guerra, ma molto altro Berlusconi non ha fatto. Dopodiché si è esposto a critiche, quasi compiacendosene, ed infine, quando ha capito che lo avrebbero incastrato, aveva ancora il passaporto in tasca: al suo posto, io me ne sarei andato dall’Italia mandando tutti all’inferno, anziché stare qui a tribolare fino all’ultimo giorno».

Se lei fosse un politico e militasse in Forza Italia, sarebbe più falco o più colomba?

«Io non ho mai preso in considerazione l’idea di fare politica attiva, tanto meno nel Pdl o anche in altri partiti, che non mi soddisfano e non mi piacciono. Per cui non riesco a dare una risposta su una questione che è del tutto improbabile e che non mi sono mai posto, perché è lontana mille miglia dai miei pensieri».

A piazza San Lorenzo in Lucina sembrano uniti e compatti a difesa del leader: non ci divideremo, non faremo l’errore dei partiti della Prima Repubblica, ha detto il segretario Angelino Alfano…

« È un buon proposito, indubbiamente non è un male che si tenti di andare d’accordo e di stare compatti, portando a sintesi ogni differenza. Ma sono anche convinto che nei partiti ciascuno pensi poi al proprio esclusivo interesse».

Direttore, cosa farà Berlusconi nelle prossime ore o settimane?

«È difficile dirlo, ma a giudicare da quel che ha fatto nell’ultimo mese e mezzo, cioè da quando ha subito la condanna definitiva della Cassazione, si sono viste mille scene nessuna delle quali ha avuto un seguito, nel senso che un giorno pare si prospetti una soluzione, il giorno dopo se ne presenta una completamente diversa. Il tasso di confusione è altissimo nella nuova Forza Italia: attenzione, non dico che siano impazziti tutti, ma bisogna anche concedere a Berlusconi l’attenuante di essere in una situazione talmente assurda. Subire una condanna, essere protagonista di altri processi in corso che si celebreranno comunque a breve, fare i conti pure con il timore di finire in galera: insomma, non si può pretendere che un uomo sottoposto ad una simile pressione possa avere anche la lucidità per prendere delle decisioni effettivamente risolutive».