Pechino ha deciso di salvare il regime della Corea del Nord

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Pechino ha deciso di salvare il regime della Corea del Nord

07 Marzo 2011

I media giapponesi e sudcoreani sono convinti che nelle prossime settimane Kim Jong-un, terzogenito di Kim Jong-il e leader in pectore del Paese, si recherà in visita a Pechino, probabilmente accompagnato dal padre. Questa notizia confermerebbe l’appoggio di Pechino al periodo di transizione avviato a Pyongyang formalmente il settembre scorso nonché la promessa di fiducia al giovane Kim Jong-un.

 

La notizia, non confermata da Pechino, è stata pubblicata dal quotidiano giapponese Sankei Shimbun e ripresa successivamente dagli altri organi di stampa.  La pianificazione della visita sarebbe già in corso ed il ventaglio di date probabili cadrebbe dal 14 marzo – giorno di chiusura del Congresso Nazionale del Popolo a Pechino –   al 15 aprile –  compleanno del “grande leader”  Kim Il-Sung e festa nazionale in Corea del Nord. Si tratterebbe di un invito formulato dal Presidente cinese Hu Jintao alla fine di ottobre dell’anno scorso, quindi successivo all’importante Congresso del Partito del Lavoro della Corea del Nord svoltosi negli ultimi giorni di settembre, dal quale è emersa la nomina de facto di Kim Jong-un come futuro reggente del Paese (il padre sarebbe in condizioni di salute cagionevoli dopo aver sofferto un infarto nel 2008): Kim Jong-un è stato promosso al grado di generale con quattro stelle; membro del Comitato centrale del Partito; vice presidente della Commissione centrale militare del Partito e della Commissione nazionale di difesa.

L’incontro riveste una importanza fondamentale per entrambi  i Paesi.  Da un lato, Pyongyang è sempre più in difficoltà economiche e dipendente dagli aiuti cinesi. Secondo quanto riportato da  Voice of America, gli scambi commerciali bilaterali nel mese di gennaio sono aumentati di oltre il 100% rispetto all’anno precedente (passando da 148 a  358 mln $). Pechino non solo è la principale arteria economica: si prende in carico di tamponare anche il cronico e crescente deficit alimentare, confermato dal recente rapporto dell’inviato speciale ONU in Corea del Nord: “Il Paese soffre di un livello critico di insicurezza alimentare, elevata malnutrizione e problemi economici, ed incontra serie difficoltà nel soddisfare i bisogni della propria popolazione di circa 24 milioni di abitanti”.

Dall’altro, Pechino continua nella strategia perseguita finora di privilegiare lo status quo (nel quale peraltro ha sempre più voce in capitolo) ed un approccio unilaterale al dossier coreano  rispetto ad una soluzione condivisa in seno alla cornice del Gruppo dei Sei (Stati Uniti, Giappone, Cina, Russia, le due Coree).  La stabilità politica rappresenta agli occhi del Partito Comunista cinese Pechino condicio sine qua non per l’implementazione di un modello di crescita economica sostenibile, uno dei pilastri del piano quinquennale di crescita 2011-2015. Ciò si traduce nel minimizzare i rischi di una eventuale crisi interna al regime nordcoreano connessa al periodo di transizione.

La Corea del Sud, nel frattempo, è indecisa riguardo la strategia da seguire nei confronti del vicino settentrionale: meglio usare il bastone oppure la carota? Negli ultimi vent’anni, Seoul non è mai stata in grado pienamente di capire ed anticipare la politica del rischio calcolato perseguita da Pyongyang.  Le relazioni bilaterali sono ad un “nuovo punto di svolta”, ha dichiarato pochi giorni fa il Ministro per l’Unificazione.  La strategia marcatamente più assertiva intrapresa dal Presidente Lee Myung bak – nella quale rientrano il congelamento delle attività commerciali e produttive transfrontaliere e la riduzione di aiuti umanitari – non ha finora portato i risultati sperati, cioè a dire risultate un attore credibile agli occhi di Pyongyang. Gli Stati Uniti ed il Giappone, dopo un 2010 di intensa attività diplomatica, rimangono in questo momento a guardare.