Penati mette piede nei salotti buoni giusto il tempo di bere un drink

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Penati mette piede nei salotti buoni giusto il tempo di bere un drink

03 Agosto 2011

È l’uomo che cancella la spocchia radical chic dalle facce dei post comunisti. Filippo Penati si dimette da vicepresidente della Regione Lombardia, dal partito, lascia la Direzione nazionale, regionale e l’assemblea nazionale del Pd. È indagato per corruzione, concussione e finanziamento illecito con l’accusa di aver ricevuto tangenti per se e per il partito. L’inchiesta, avviata dalla Procura di Monza, gli fa terra bruciata intorno e la sua Milano lo scarica. Rottamato.

La storia di Penati è rossa. Non è un mistero, né una colpa. Inizia a fare politica negli anni ’80 quando di mazzette e corruzione vivono milioni di liberi professionisti e l’Italia vola accumulando debito. Lui sta dalla parte degli operai nella Sesto San Giovanni dove è cresciuto. Fa il burocrate, assessore al bilancio e all’urbanistica e vive sulla sua pelle il declino del colosso Falck, il cuore pulsante di quella città-fabbrica. Sesto è una Stalingrado in versione ridotta. Industria pesante, sudore e fatica modellano l’acciaio e la politica. Qui si combattono le ultime battaglie proletarie e  l’unica legge che conta è quella del reparto. Filippo Penati è iscritto al Pci, un partito che ormai è l’ombra di se stesso. Berlinguer e la questione morale resistono nei discorsi dei militanti, ma i tempi stanno cambiando in fretta. E’ la fine di un’epoca.

Quando gli impianti Falk collassano Penati è sindaco della sua città. Il battesimo dei salotti buoni milanesi segna la svolta del loft, del progressismo intellettuale lombardo e l’elitarismo stucchevole di una sinistra che, rispondendo allo slang delle valli leghiste, perde contatto con la realtà. È il trionfo dello snobismo, di un’aristocrazia viziata da soldi e potere, che sogna viaggi esotici extralusso e che non si fa troppi problemi a sputare sul “cafone” di turno se qualcosa va storto. Sono i migliori, gli onesti, i dispensatori di una verità assoluta. Mai fuori luogo, immuni dall’errore. Legittimati da una moralità che si sono appiccicati sul petto ormai da 40 anni e che col tempo scolorisce. Una macigno che si infrange anche sulla schiena di Penati.

Lui, appena eletto sindaco, si sente già a suo agio tra aperitivi e party di-vini, ma il rapporto con l’acciaieria non è ancora concluso. Quella Stalingrado, in fondo, non dista troppo dai quartieri più in del centro. L’inchiesta e le accuse che oggi piovono sull’ex vicepresidente della Regione Lombardia riguardano gli anni del suo secondo mandato da sindaco. Il costruttore Pasini, che ha acquistato dalla famiglia Falk 1,3 milioni di metri quadri – per quasi 200 milioni di euro – racconta di avergli consegnato tra il 2001 e il 2002 oltre 20 miliardi di lire. Denaro utile al rilascio di permessi di fabbricazione. Dopo le accuse di un altro imprenditore, Piero Di Caterina, l’inchiesta cresce investendo altri esponenti del Pd. È un attentato etico che costringe Bersani ad uscire allo scoperto: “la superiorità della sinistra è una questione politica.” Niente morale.

Il popolo della sinistra postmoderna, imborghesita e con la puzza sotto il naso, non sopporta che uno dei suoi possa sporcarsi le mani di marmellata, senza nemmeno chiedere un cucchiaio. A maggior ragione, non il candidato che, battendo nel 2004 Ombretta Colli alle elezioni provinciali, si era di fatto affermato come l’homo novus capace di riconquistare una terra in mano al berlusconismo. In consiglio provinciale veniva sostenuto da Ds, Margherita, Sdi, Repubblicani Europei, Verdi, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, UDEUR, Di Pietro – Occhetto, Lista A.P.E. A questi partiti, dopo la scissione dei DS, si aggiungerà la Sinistra Democratica. Il Penati presidente di Provincia, si occupa del sociale, con particolare attenzione al fenomeno immigrazione, sviluppo e riqualificazione delle periferie. Resta legato ai suoi uomini, al suo entourage, alla realtà di Sesto e all’area Falk ormai dismessa. 

E’ questo il contesto in cui l’animo puro sinistroide viene tradito. Le reazioni sono attacchi e vuoto, senza nemmeno attendere un processo. Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali e Servizi per la salute, invita Penati a riconsegnare la tessera. Lo scarica anche il coordinatore di Milano del Pd, Francesco Laforgia. Un giovane rottamatore, che segue la corrente dei compagni Pippo Civati e Matteo Renzi. Afferma che “quanto accaduto lascia sgomenti. Alle frasi di rito, di fiducia nella magistratura, il Pd deve aggiungere qualcosa in più.” Non è una questione d’onore, ma di razza. Filippo Penati è appena entrato nel salotto buono, giusto in tempo per brindare alla sua rovina.