Pensioni e lavoro fanno tremare Prodi
21 Novembre 2007
Nel nuovo quadro determinatosi dopo la decisione di Silvio Berlusconi di dare vita a un nuovo soggetto politico potrebbe essere il disegno di legge per dare attuazione al Protocollo sul Welfare (in sintesi, ddl welfare) a fare da denotatore all’implosione del Governo Prodi e a portare a nuove elezioni.
La gestazione del ddl è stata complessa e sofferta in quanto si trattava di tradurre in norma un Protocollo che è una ragnatela di compromessi tra scuole di pensiero ed esigenze contrastanti. Allora l’artefice della ragnatela è stata in gran misura la Cgil (king maker del Governo Prodi); i suoi sforzi non sono stati salutati dal successo sperato al referendum del 10 ottobre.
Il ddl che ne è risultato è all’insegna non solo di maggiori costi per l’erario (come documentato da Giuliano Cazzola su L’Occidentale del 19 novembre) ma anche da una inerente precarietà.
Ciò non deve essere inteso in termini derogatori. E’ espressione meramente qualificativa per esprimere in modo più facilmente comprensibile a molti lettori ciò che i cultori della teoria dei giochi chiamano “un equilibrio dinamico”.
Vi ricordate John Nash ed il film di cinque anni fa A Beautiful Mind? L’”equilibrio dinamico” è costantemente instabile in quanto dipende da come ciascun giocatore risponde ai giochi degli altri (non conoscendone le strategie ma ricavandole dalle loro mosse).
Nel ddl welfare, l’equilibrio è particolarmente complicato in quanto ciascun giocatore gioca, contemporaneamente, almeno su due tavoli diversi (e con obiettivi differenti). Un tavolo è quello in cui la partita è con gli altri partner della coalizione; la posta in gioco è “la reputazione”, ossia come massimizzare la capacità di incidere sulla politica di governo nel suo complesso. Un altro tavolo è quello con il proprio elettorato dove ciascun giocatore intende massimizzare le propria “popolarità” rispetto al bacino dei propri potenziali elettori.
“Reputazione” e “popolarità” sono spesso in forte contrasto l’una con l’altra. Il gioco, inoltre, non un avviene per partite (o passate di mano) secche ma si declina in una sequenza ininterrotta (sino alla sua conclusione – l’approvazione del ddl welfare- od al punto di rottura – il dissidio tra i giocatori). Di conseguenza è ogni volta differente (su ambedue i tavoli) e nessuna delle parti riesce ad apprendere da “giochi ripetuti” quale potrà essere il comportamento degli avversari in termini di mosse e contromosse.
Il gioco è reso ancora più complicato dalle differenze profonde sulla visione degli interessi della collettività che proprio sul welfare hanno i partiti i cui leader siedono nel sinedrio dell’Unione, nonché dalla nascita del Partito Democratico come soggetto volutamente “pigliatutto”, che si colloca a sinistra ma guarda al centro e che si presenta come “riformista”.
Un altro Premio Nobel, John D. North, ci ha insegnato che all’avvicinarsi di “nuove regole economiche” (quelle che dovrebbero essere il corpo delle riforme) le “vecchie regole” si irrigidiscono.
E’ proprio quello che sta avvenendo nel dibattito sul dll. L’esempio più significativo è la sorte che sta prendendo la materia previdenziale. Alla ventata di riformismo enunciata e annunciata da Walter Veltroni nella veste di leader del nuovo soggetto politico, si stanno abbandonando tutti i canoni delle riforme effettuate dalla primavera 1995 ad oggi (la “riforma Dini” del 1995, la “riforma Prodi” del 1996 e “la riforma Maroni” del 2004) per tornare a un sistema a ripartizione retributivo, in cui spettanze e prestazioni sono basate sulle retribuzioni avute in vita lavorativa non sui contributi versati e figurativi.
Il nuovo sistema retributivo, inoltre, sarebbe molto più generoso in termini di spettanze e di prestazioni (a ragione della soglia del 60% dell’ultima retribuzione prevista per il calcolo degli assegni pensionistici) di quelli in vigore in gran parte dei Paesi industriali : mediamente nell’Ocse le pensioni si aggirano sul 50% delle retribuzioni degli ultimi anni lavorativi. Non solo ma si reintroducono le pensioni di anzianità e le pensioni di annata tramite un’abile alchimia relativa alla definizione di “lavori usuranti”.
Ai complicati tavoli di gioco, occorre chiedersi se la piccola pattuglia che fa riferimento a Lamberto Dini e gran parte di coloro che hanno brindato alla riforma del 1995 (ed a quelle ad essa successiva) può mettere a repentaglio e la loro “reputazione” (in quanto la controriforma prevista del ddl mostra che non incidono affatto nell’ambito della maggioranza) e la loro “popolarità” (con il loro bacino di elettori). Interrogativi analoghi si pongono a proposito degli altri capitoli (in particolare alcune norme relative al mercato del lavoro).
In un “equilibrio dinamico”, per tornare alla definizione di John Nash, ci si domanda a quale giocatore “convenga” mandare all’aria la partita.
Prima dell’annuncio del nuovo soggetto politico da parte di Berlusconi, le probabilità di avere “convenienza” a rompere il gioco (in termini e di “reputazione” e di “popolarità”) erano più o meno ugualmente divise tra i “riformisti” ed i “radical-reazionari” dell’Unione. Ora appare chiaro che “conviene” rompere ai “radical-reazionari” non appena avvertiranno di essere alle strette al tavolo dove si gioca la partita delle “popolarità” , al fine di massimizzarla con il proprio bacino elettorale prima che le carte potenzialmente vincenti passino nelle mani di due soggetti politici che si presentano ambedue come popolari e riformisti.
Quindi, seguendo l’approccio dell’”equilibrio dinamico” di Nash, elezioni a primavera 2008 potrebbero essere la via per massimizzare la “popolarità” di “Cosa Rossa”, Verdi, Comunisti Unitari, Rifondazione e affini con i propri elettori (prendendo anche scontenti del PD) e il gioco su più tavoli del ddl welfare può esserne la miccia. Il principale perdente della partita sarebbe Romano Prodi. Ma ciò riguarda soltanto lui e la pattuglia di suoi stretti collaboratori.