Pensioni, Prodi pronto al tutto per tutto

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Pensioni, Prodi pronto al tutto per tutto

11 Luglio 2007

Il fatto stesso che il ministro del lavoro Cesare Damiano stamani si sia augurato che la maggioranza abbia ”il massimo senso di responsabilità” sul Dpef e sulla questione previdenziale perché “in caso di crisi si rischierebbe di disperdere tutte le risorse stanziate per il miglioramento dello stato sociale”, la dice lunga. Segno che Palazzo Chigi oramai è ridotto alla stregua di un condominio, dove ogni inquilino dice la sua in merito alle beghe interne e che il rischio di crisi è tutt’altro che passato, con quattro senatori a vita già pronti a votare no in Senato su Dpef e previdenza il 25 luglio. Una qualsiasi ipotesi che vada oltre la soluzione scalini-quota più ampliamento della platea per i lavori usuranti potrebbe portare allo scontro con i dissidenti dell’Unione (Giannini, Turigliatto, Rossi e Giuliani sono pronti a votare “no” se si alza l’età) e all’irritazione dell’Ue.

Gli occhi sono quindi puntati sul presidente del consiglio, che prima di partire per Israele ha annunciato la volontà di prendere in mano il dossier  e formulare una proposta. Impresa difficile per Prodi, stretto com’è tra l’invito pressante dell’Ue ad andare avanti sulla strada del risanamento dei conti pubblici senza scivolare su ulteriori spese e soprattutto senza varare interventi onerosi in materia di pensioni, e i continui diktat della sua maggioranza.

Sulle pensioni minime l’accordo è stato trovato (33 euro di aumento sia  per gli uomini sia per le donne sopra i 64 anni che hanno redditi personali inferiori ai 654 euro) ma la strada della riforma previdenziale è davvero tutta in salita. Resta il nodo sullo scalone Maroni (l’innalzamento dell’età pensionabile  a 60 anni già dal 2008), per il quale si attende la proposta del presidente del consiglio Romano Prodi. Il vero problema in questo caso si chiama Rifondazione Comunista: l’ala estrema della maggioranza fa muro contro ogni ipotesi che non ne preveda l’abolizione. A nulla è servita la mediazione di  Enrico Letta, sottosegretario alla presidenza, che ha incontrato il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero e del segretario del Prc Franco Giordano.

Insomma, un’altra giornata col fiato sospeso per la maggioranza di Prodi, quella di ieri. Cominciata con i timori di Bruxelles espressi al ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa sulle pensioni, la spesa pubblica e una riduzione del disavanzo inferiore alle attese. E proseguiti appunto con la polemica tutta interna alla maggioranza sulla riforma, in particolare sull’innalzamento dell’età per le donne. Una misura, quella “rosa”, che potrebbe servire a ristabilire l’equilibrio dei conti così come chiede Bruxelles. I risparmi della quasi parificazione tra i requisiti di donne e uomini potrebbero infatti rivelarsi necessari quando la nuova riforma entrerà a regime. Peccato che proprio ieri sulla questione si sia sollevato un coro di no e il ministro Damiano abbia dovuto fare un passo indietro. “E’ sbagliato parlare di un innalzamento dell’età pensionabile per le donne. Non si possono mettere condizioni uguali tra parti disuguali. Se così fosse questo non avrà la nostra firma”, ha tuonato il leader della Cgil Guglielmo Epifani, a cui è arrivata la risposta rasserenante di Damiano: “E’ un’ipotesi che non abbiamo mai preso in considerazione”. “Per la modifica dello scalone bisognerà trovare le risorse necessarie facendo risparmi all’interno del sistema previdenziale, ha ribadito oggi il ministro del Lavoro Cesare Damiano ricordando che i 2,5 miliardi dell’extra gettito previste per interventi sociali non saranno utilizzati per la modifica dello scalone.

Ecco allora che l’unica ipotesi in campo  (in attesa della proposta di Prodi) resta quella del ministro del Lavoro, che vorrebbe introdurre i cosiddetti  scalini a 58 e 59 anni rispettivamente il prossimo anno e nel 2009 e poi (nel 2012) dare il via alla quota 96  (un mix tra età anagrafica e anni contributivi). Come detto, una qualsiasi ipotesi che vada oltre la soluzione scalini-quota più ampliamento della platea per i lavori usuranti potrebbe portare allo scontro con i dissidenti dell’Unione   e all’irritazione dell’Ue.

L’intesa sulle minime
L’accordo raggiunto  prevede un aumento di circa 33 euro al mese per 3,4 milioni di pensionati con almeno 64 anni. E’ previsto anche un aumento una tantum per il 2007 pari a 324 euro, per una spesa complessiva per l’anno di 900 milioni di euro. Per il 2008 il governo ha stanziato 1,3 miliardi di euro, 100 milioni dei quali da utilizzare per il recupero totale della inflazione per quelle che valgono da 3 a 5 volte il minimo (fino a 2180 euro). Queste pensioni, al momento indicizzate solo per il 90%, riguardano circa 2,7 milioni di persone. Gli aumenti nel 2008 riguardano circa 3,1 milioni di pensionati con pensioni da lavoro e trecentomila soggetti con pensioni assistenziali (invalidi civili, cechi e sordomuti). Per le pensioni sociali l’aumento punta a portare l’assegno a 580 euro mensili dal 1 gennaio 2008. Per i pensionati con pensioni contributive gli aumenti riguarderanno coloro che hanno almeno 64 anni e redditi inferiori a 8.504,73 euro annui per il 2007. I beneficiari saranno circa 3,1 milioni. Gli aumenti saranno in media pari a 28 euro (333 in un anno) per i pensionati da lavoro dipendente che hanno fino a 15 anni di contributi, pari a 33 euro al mese (420 l’anno) per i pensionati dipendenti che hanno tra i 15 e i 25 anni di contributi e aumenti di 39 euro al mese (505 l’anno) per i pensionati da lavoro dipendente che hanno almeno 25 anni di contributi.