Pensioni, Tps scivola sullo scalone e cade sulle minime

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Pensioni, Tps scivola sullo scalone e cade sulle minime

05 Luglio 2007

Che il Governo potesse scivolare sullo scalone già si sapeva. Che perfino sulle minime non si trovasse un accordo è una novità (il nuovo incontro con le parti sociali è fissato per domani mentre si attende una riconvocazione a Palazzo Chigi per lo scalone, che non sembra però possa avvenire prima della prossima settimana). E a poco è valsa, ieri, la rassicurazione del ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, secondo cui “l’accordo è possibile entro l’estate”.

I venti di tempesta sono arrivati dai sindacati – secondo cui la proposta sulle minime è inadeguata – e dalla maggioranza di Governo, con Rifondazione che continua a cavalcare la battaglia no-scalone minacciando di far cadere l’Esecutivo e gran parte del partito democratico  a cui non piace il piano Damiano e tantomeno i “contentini” di Prodi alla sinistra radicale (meglio lo scalone che una riforma sbagliata, dicono i Dl e i Ds). E’ proprio l’innalzamento dell’età pensionabile (Riforma Maroni) che dovrebbe scattare dal 1 gennaio 2008 il vero problema: sindacati e sinistra radicale temono infatti che Prodi stia tentando di rinviare la trattativa a dopo l’estate.

Intanto, dopo Prodi e Tps ad essere fischiato, stamani a Genova, è stato il viceministro dell’economia Vincenzo Visco. A contestarlo una cinquantina di dipendenti del pubblico impiego: “Non tagliare le pensioni ma recuperare le evasioni” e “tasse: pagare meno, pagare tutti”: questi gli slogan dei manifestanti.

Sul fronte diellino, il monito è chiaro: basta concessioni a Rifondazione. Mentre il presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama Lamberto Dini minaccia di non votare la riforma. “Non riescono a stare in piedi? E allora cadano… Come si dice a Roma? Morto un papa se ne fa un altro”, ha detto  appunto Dini in due interviste pubblicate oggi. “Non c’è solo la sinistra che pone veti: io – avverte il senatore Dl – la cancellazione dello scalone non la voterò mai”. Come dire, la fronda dei senatori ostili a una riforma leggera aumenta di giorno in giorno: a Lamberto Dini, Tiziano Treu, Enrico Morando, Nicola D’Amico e Antonio Polito, ieri si è aggiunto anche Marco Follini. E sempre ieri perfino il vicepremier Rutelli ha avvertito: “Ritoccare lo scalone non può voler dire tornare indietro, trovare una soluzione è difficile, spero che ci riusciremo”.

A lottare contro l’abolizione dello scalone c’è anche  il Pdci di Oliviero Diliberto – “il programma dell’Unione va rispettato”, continua a ribadire riferendosi appunto all’innalzamento dell’età pensionabile.  I Comunisti italiani in realtà sono sull’attenti già da un po’. “Forze potenti moderate e di destra stanno lavorando per far cadere il governo”, ha detto Diliberto riferendosi al responsabile del Tesoro e ai senatori riformisti che possono mettere in crisi l’Esecutivo di Prodi. La Sinistra Democratica di Fabio Mussi sembra invece aperta all’asse Cgil-Damiano che prevede l’ innalzamento dell’età pensionabile a 58 anni con incentivi alla permanenza volontaria al lavoro.

Del resto, che nel Governo ci siano tante posizioni, non lo ha nascosto neppure il numero uno di via XX Settembre, che, riferendosi alla proposta del ministro del Lavoro di ridurre lo scalone da 60 a 58 anni insieme a incentivi ha precisato: “Non c’è nessuna bozza Damiano il governo sta lavorando e lo facciamo tutti insieme e solo alla fine potrò dire cosa ne penso”. Su un punto però il governo ha le idee chiare: i soldi per abbattere lo scalone senza immaginare altre misure compensative non ci sono.

La settimana prossima intanto dovrebbe essere cruciale per tentare la quadra e avvicinare tutte queste posizioni per ora abbastanza lontane. Lunedì e martedì si riunirà l’Eurogruppo e l’Ecofin che dovranno valutare il Dpef e il risanamento dei conti pubblici.