Per affrontare la crisi è necessario che la BCE sia “percepita” indipendente

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Per affrontare la crisi è necessario che la BCE sia “percepita” indipendente

23 Novembre 2011

Nel dibattito sulla crisi si moltiplicano gli appelli affinché la Banca centrale europea si impegni pubblicamente a fungere da prestatore di ultima istanza, ossia ad acquistare quantità illimitate di titoli di stato dei paesi sotto attacco, per battere la speculazione e calmare i mercati.

La tesi non è infondata, ma è solo parte della soluzione – non la soluzione – dei problemi che affliggono l’area dell’euro. Innanzitutto, occorre chiarire che la BCE già ora può acquistare quantità illimitate di titoli di stato. Il Trattato le proibisce di farlo in fase di emissione, cioè di comprarli direttamente dal Tesoro. Non le è invece precluso comprarli sul mercato secondario, per esempio dalle banche; cosa che del resto sta già facendo.

Il punto quindi non è se può farlo. Il punto è se per risolvere i problemi dell’Europa conviene che la BCE annunci – Urbi et Orbi – di essere pronta ad allargare i cordoni della borsa. Ritengo che in questa fase della crisi il migliore contributo che la BCE possa dare sia di mantenere una buona dose di reticenza su quali siano le sue intenzioni in materia di politica degli acquisti di titoli; una sorta di “ambiguità costruttiva”.

Occorre infatti che nei paesi meno disciplinati – Italia compresa – non vengano meno gli incentivi ad avviare le riforme strutturali necessarie per rilanciare la crescita e a risanare i bilanci pubblici, vincolando gli eccessi di spesa pubblica e di indebitamento pubblico. Senza avere preventivamente chiuso il rubinetto che alimenta la accumulazione del debito, il suo finanziamento da parte della banca centrale si risolverebbe solo in un aumento dell’inflazione. La storia della Repubblica di Weimar, devastata dalla iperinflazione, dovrebbe ricordarci quanto letali siano gli effetti economici esociali di una scriteriata monetizzazione del debito pubblico.

Per altro, è opportuno che anche i paesi virtuosi – Germania compresa – siano incentivati a fare la loro parte per favorire la soluzione della crisi. La Germania, la più grande e la più forte economia del continente, potrebbe contribuire al rilancio della crescita in Europa aumentando la sua domanda di beni e servizi e quindi le sue importazioni dagli altri paesi europei.  In questa fase, salari più alti o tasse più basse nel paese motore della Europa, non guasterebbero.

Inoltre, non va sottovalutato il fatto che nel determinare il tasso di interesse i risparmiatori incorporano anche le aspettative di inflazione. Qualora gli operatori dovessero ritenere la BCE  facilmente  disponibile ad allargare i cordoni della borsa e a fare salire l’inflazione, si determinerebbe immediatamente un aumento del tasso di interesse per compensare il futuro deterioramento del potere di acquisto. Si rischierebbe, quindi,  di vedere rientrare dalla finestra l’aumento dei tassi di interesse che si era cercato di fare uscire dalla porta.

In definitiva, poiché la crisi che stiamo vivendo ha diverse cause, la soluzione dipende da una molteplicità di attori (BCE, paesi indisciplinati e paesi virtuosi, operatori dei mercati, politici ecc.) chiamati a fare la loro parte. Per accelerare la ripresa in Europa occorre che la sua Banca centrale non solo sia indipendente sulla carta, ma che venga anche “percepita” come indipendente, affinché possa esercitare con efficacia la sua funzione disciplinare. Tutto il resto è rumore di fondo.