Per Bagnasco la chiesa non prende posizioni di parte ma fa la sua parte

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Per Bagnasco la chiesa non prende posizioni di parte ma fa la sua parte

26 Maggio 2009

Il Cardinale Bagnasco tiene fermo il timone sulla rotta Ratzinger-Ruini, nonostante il cardinale Martini continui a muoversi sul filo del rasoio, il cardinale Tettamanzi indulga ad un eccessivo sociologismo ed Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, sia per una chiesa “minima”, che accompagna e che ha come fine ultimo il dialogo. Il presidente dei vescovi italiani ha iniziato con una sua prolusione i lavori della 59ma assemblea generale dei vescovi italiani, apertasi ieri sera nell’aula del sinodo in Vaticano, ed ha presentato un volto di chiesa che non rinuncia alla pienezza della evangelizzazione, che non accetta di proclamare una “fede nuda”, spogliata dalla visione cristiana dell’uomo, che intende essere “coerente” e quindi aiutare i terremotati o i disoccupati ma anche denunciare i rischi di eugenetica della applicazione della legge 40 e cercare di influenzare positivamente la legislazione sul fine vita. E’ una chiesa che sta preparando – attraverso il Comitato per il progetto culturale, presieduto dal cardinale Ruini – un grande convegno ai massimi livelli a Roma nel prossimo dicembre su tema “Dio oggi”, per dire che non accetta nessuna riduzione del compito ecclesiale, che rifiuta lo “spiritualismo unilaterale” che può cedere facilmente il passo ad un’atrofia ecclesiale e a un vuoto del cuore come pure la propria riduzione ad “agenzia umanitaria”, una specie di “secolarismo edulcorato che da un lato lusinga i cattolici e dall’altro li emargina”.

Il cardinale ha esaminato le grandi emergenze sociali che hanno interessato il nostro paese in questi ultimi mesi, dal terremoto in Abruzzo alla crisi economica. A proposito del terremoto ha ricordato gli aiuti materiali e immateriali che la Chiesa ha fornito e continua a dare. Circa la crisi economica ha ricordato la prossima colletta del prossimo 31 maggio per la Costituzione di un Fondo di garanzia e le innumerevoli iniziative nazionali e diocesane di microcredito e di aiuto alle famiglie in difficoltà. Il consenso – “non cercato” precisa il cardinale – che simili iniziative di carità hanno procurato alla Chiesa, ha indotto qualcuno a chiedersi se non sia il caso di limitarsi a queste forme di presenza piuttosto che precisare le questioni dottrinali, soprattutto in bioetica. E’ a questo punto che Bagnasco propone la sua visione integrale del ruolo della Chiesa: la pratica della carità non va mai separata “dall’annuncio della misura intera dell’uomo”. Carità e verità insieme, in altre parole. “Fraintendimenti e deviazioni restano incombenti – ha detto Bagnasco -, se non si è costantemente richiamati al valore incomparabile della dignità umana, che è minacciata dalla miseria e dalla povertà almeno quanto è minacciata dal disconoscimento del valore di ogni istante e di ogni condizione della vita”. Se il cristianesimo fosse inteso solo come religione civile “saremmo più poveri noi e sarebbe più povera la società” perché scopo della chiesa è evangelizzare e dell’evangelizzazione fanno parte sia la carità che la verità, ambedue incentrate in Cristo – ha ricordato il cardinale – che è stato “buon samaritano della storia e per ciò stesso rivelatore della cifra inconfondibile di ogni esistenza umana”.

La volontà di non schierare la Chiesa su posizioni di parte, di non farne una agenzia genericamente umanitaria, ma una forza capace di costruire anche mediante una visione di insieme dei problemi, si nota in modo particolare nelle numerose riflessioni del cardinale sul tema dell’immigrazione, esacerbato di recente dalle polemiche sui respingimenti. Il cardinale non ha ceduto a nessuna facile propaganda, ma ha inquadrato il problema nella sua complessità dando a ciascuno il suo. C’è il criterio della dignità della persona umana – ha detto – e accanto a questo ce ne sono anche altri: “come la legalità, l’affrancamento dai trafficanti, la salvaguardia del diritto di asilo, la sicurezza dei cittadini, la libertà per tutti di vivere dignitosamente nel proprio Paese, ma anche la libertà di emigrare per migliorare le proprie condizioni da contemperare naturalmente con le possibilità d’accoglienza dei singoli Paesi, o magari solo per arricchirsi culturalmente”. Il problema immigrazione richiede due cose fondamentali: che si lavori come comunità internazionale per migliorare le condizioni economiche dei paesi di origine e che si operi qui da noi per una vera integrazione. Su questo il cardinale è stato piuttosto duro nel denunciare un irenismo astratto oggi diffuso.  “Guai a sottovalutare i segnali di allarme che qua e là si sono registrati nel nostro Paese”, avverte. “L’immigrazione è una realtà magmatica: se non la si governa, si finisce per subirla”, precisa. “E necessario mettere in chiaro diritti e doveri, senza prevedere sconti in nome di un malinteso multiculturalismo che in realtà è solo una giustapposizione tra etnie che non dialogano”, conclude. L’integrazione avviene mediante “l’incontro tra famiglie di provenienza diversa”, ma “nel rispetto delle leggi da parte di tutti”, “a partire dall’identità secolare del nostro popolo” e “senza cedere ad una logica relativistica e priva di riferimenti marcati”.