Per Charlie nessuna libertà

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Per Charlie nessuna libertà

05 Luglio 2017

Sembra ormai chiaro che il piccolo Charlie è prigioniero del GOSH, l’ospedale in cui è ricoverato dallo scorso ottobre, che ormai ha stabilito di farlo uscire da lì solo da morto: non può infatti essere trasferito in altri ospedali, anche estremamente qualificati, che si sono dichiarati disponibili (tra cui, come è noto, il Bambin Gesù), e non può essere neppure portato a casa a morire. Sono stati finora accampati “motivi legali”, che però non sono stati mai spiegati. Come ha giustamente osservato il Prof. Alberto Gambino, in realtà i tribunali inglesi hanno detto esattamente il contrario: il 21° statement della decisione dell’HIGH Court of Justice stabilisce espressamente che “trasporting Charlie to the USA would be problematic, but possible”, trasferire Charlie negli Usa sarebbe problematico ma possibile.

E’ una situazione inaccettabile per un paese di nobile e antica tradizione democratica e liberale: imporre a un cittadino quando, come e dove morire, sottrargli questa ultima libertà, grazie a una sorta di sequestro di stato, sembra un paradosso incredibile.

Vogliamo chiarire ancora una volta, a scanso di equivoci, che qui non è in gioco il trattamento sperimentale, e quindi se il trattamento sia utile e clinicamente appropriato o sia accanimento terapeutico, ma il fatto che i medici vogliono somministrare cure palliative staccando, al tempo stesso, respirazione e nutrizione artificiale. Questa appare una scelta per far morire il piccolo più che per non farlo soffrire. Noi invece chiediamo che non si sospendano i sostegni vitali, somministrando anche le cure palliative quando altre strade non siano percorribili. Quali sono le controindicazioni mediche nel tenere attaccato il ventilatore mentre si fa la palliazione, cioè mentre si fa un trattamento che evita la sofferenza?

In queste condizioni, senza motivi legali e senza controindicazioni mediche, dobbiamo purtroppo riconoscere che si tratta solo di una ingiustificata ostinazione da parte dell’ospedale inglese, un accanimento ideologico e non terapeutico, che contraddice la storia culturale e politica di un grande paese come la Gran Bretagna.