
Per dare lezioni di stile Magris fa una figura di pessimo gusto

09 Maggio 2008
Lasciamo perdere
Gianni Vattimo, oggi bastian contrario di professione, che ormai viene invitato
in televisione nella speranza che l’audience aumenti grazie all’ultima
scemenza che l’ex filosofo si inventa per far parlare di sé: la terra è piatta,
il mondo è malato, il Dr. Albert Schweitzer mangiava i bambini, san Francesco
era un premarxista, Mahmud Ahmadinejad è un liberatore, e così via.
Ma Claudio
Magris, il raffinato filologo della Mitteleuropa, germanista e ex senatore,
candidato perenne al Premio Nobel! Claudio Magris, signora mia, che, sulla
prima pagina del Corriere del Sera,
per il quale è viaggiatore e moralista, chiede una cosa al nuovo governo:
“una garanzia di stile” (8 maggio). Secondo lui, infatti, con il
governo di Silvio Berlusconi sarebbero saliti a potere i buzzurri, gli
ignoranti e soprattutto i maleducati. Gente che, nelle parole di Magris, è
portatrice di “una diversità esistenziale, naturale, metafisica” e di
un modo inaccettabile di “guardare al mondo, agli altri e alla vita”.
Alla radice
della vittoria del centro-destra guidato da Berlusconi, della sconfitta del
centro-sinistra guidato da Walter Veltroni (il primo “truffaldino”,
diffamatore e incapace “di accettare le regole della democrazia”, il
secondo invece correttissimo), e della disfatta della sinistra radicale, sempre
secondo Magris, ci sarebbe una ragione fondamentale: il crollo morale di una
società “in cui non esistono più alcune fondamentali regole di
comportamento e alcuni fondamentali valori”. (Qui, si badi bene, non si
parla di relativismo, ma di buona creanza.)
Insomma, le
ultime elezioni politiche non vanno interpretate come la legittima e
democratica protesta della stragrande maggioranza degli italiani contro un
governo fallimentare o come la altrettanto legittima e democratica fiducia in
un un governo nuovo e in uno schieramento politico di centro-destra. Il
risultato di quelle elezioni va invece letto come una caduta “di
stile” con la quale l’Italia dei cialtroni, degli ignoranti e dei
maleducati ha voltato le spalle a uno schieramento fatto di gente seria, colta
e di buon gusto.
Vi ricorda
qualcosa? Questa arroganza intellettuale, questa spocchia razzista
(mitteleuropea o no), questa supponenza classista, quest’idea che lo
“stile ” conta più che la sostanza, a me ha fatto venire in mente
“Contessa”, una canzone ribellista sessantottina in cui
quell’arroganza e quella spocchia erano attribuiti alla “classe dei
padroni”:
“Che roba
contessa, all’industria di Aldo
… quei quattro
ignoranti
… quei pazzi
straccioni …
… han sporcato
il cortile e le porte
chissa quanto
tempo ci vorrà per pulire
… Del resto,
mia cara, di che si stupisce?
anche l’operaio
vuole il figlio dottore
e pensi che
ambiente che può venir fuori:
non c’è più morale, contessa”.
“Contessa”, scritta nel 1966 da Paolo Pietrangeli, poi regista
cinematografico e televisivo, contiene anche alcuni espliciti riferimenti alla
violenza purificatrice di marca proletaria (“prendete la falce, portate il
martello / scendete giù in piazza,
picchiate con quello / … vogliamo vedervi finir sotto terra”). Parole al vento, naturalmente. Per fortuna furono pochissimi quelli
che nel Sessantotto misero davvero in pratica il contenuto di questi versetti,
che allora come oggi la sinistra considerava (peraltro giustamente) niente più
che invocazioni folkoristiche, seppure sguaiate. Ma perché allora prendere sul
serio, come fa appunto Magris (e tutta la sinistra con lui), quella stessa
fraseologia in traduzione bossiana (“le gag dei trecentomila fucili
leghisti”), adombrandosi in nome di non si sa bene quale stile, o quale
buona educazione, o quale “governo degli eletti” (nel senso di
“raffinati”)?
“E poi dice
che uno si butta a destra”, diceva Totò negli anni cinquanta. Certo che se
mai qualcuno avesse avuto qualche dubbio sull’operato pratico del precedente
governo, cioè sul modo in cui esso ha mutato in peggio la vita quoidiana degli
italiani, con degli intellettuali così, a dir poco altezzosi e boriosi,
abituati a parlare soltanto con una ristretta cerchia di amici e adulatori,
veniva proprio voglia di seguire il consiglio di Totò. E così è stato,
professor Magris, indipendentemente dalle cadute di stile. Sarà un caso, ma gli
zoticoni lombardi, veneti, liguri, siciliani, romani e milanesi, hanno votato e
hanno scelto i loro rappresentanti. Ancora una volta, come diceva il Partito
Comunista Italiano di non tanti anni fa, “il popolo non ha capito”.