Per difendere l’euro la Bce deve operare come la Fed negli Usa
16 Dicembre 2011
Ai più, impegnati nel ponte dell’Immacolata, è passata inosservata la notizia che l’8 dicembre la Banca centrale europea ha modificato considerevolmente lo strumento di finanziamento di lungo termine alle banche (LTRO). Ha, infatti, esteso, da uno a tre anni, la durata del finanziamento e ha consentito che venissero portati in garanzia, per tali operazioni, titoli di qualità inferiore a quella precedentemente richiesta, per esempio i mutui cartolarizzati (le famigerate ABS).
In pratica quindi il prossimo 21 dicembre, allorché sarà lanciata la prima operazione con le nuove condizioni, le banche europee potranno ottenere dalla BCE prestiti in quantità illimitata al tasso dell’1 per cento, che dovranno restituire a fine del 2014, e, inoltre, potranno scaricare alla BCE i titoli scarsamente affidabili, ancora nei loro bilanci. Per altro con questo strumento la BCE verrà di fatto a sostenere i titoli di stato. Le banche, infatti, potranno finanziarsi all’1 per cento e acquistare titoli di stato, che in Italia, ad esempio, rendono tra il 5 e il 6 per cento; porteranno a casa un bel margine di profitto e potranno continuare a erogare prestiti alle imprese e alle famiglie
In questa maniera la BCE si pone come prestatore di ultima istanza nei confronti delle banche con l’obiettivo di allentare la crisi di liquidità che stava attanagliando il sistema. Le banche, a causa della difficile situazione economica dell’incertezza sulla qualità dei loro attivi, hanno incontrato crescenti difficoltà a raccogliere le risorse a breve (liquidità) necessarie per finanziare i loro impieghi a lungo termine. Stava aumentando, in altre parole, il rischio che una banca seppure solvente, si trovasse coinvolta senza motivo in una crisi di illiquidità. Proprio per fronte a questo tipo di problemi furono create le banche centrali e alla BCE è affidato il medesimo compito.
E’ del tutto evidente che la BCE ha adeguato la sua politica di sostegno alle banche e, indirettamente ai titoli di stato, solo dopo che i governi europei avevano adottato misure correttive di finanza pubblica, sia a livello continentale (nuova disciplina di bilancio da iscrivere nei Trattati UE), sia a livello nazionale (manovra italiana). Se si fosse mossa prima avrebbe corso il rischio di apparire troppo accomodante, accendendo le aspettative di inflazione, e forse avrebbe allentato anzitempo il pungolo ai governi affinché mettessero ordine nei bilanci pubblici.
La partita di poker tra le autorità di bilancio (i governi) e l’autorità monetaria europea non è certo finita qui, anzi proseguirà nei prossimi mesi e a ognuno saranno richiesti ulteriori sforzi per salvare la moneta unica. Un cosa dovrebbe essere finalmente evidente a tutti: che la BCE può operare come un tradizionale prestatore di ultima istanza; deve solo essere messa in condizione di farlo senza danni per la sua credibilità e per l’euro stesso.