Per Franceschini la politica energetica dell’Italia non passa dal nucleare

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Per Franceschini la politica energetica dell’Italia non passa dal nucleare

Come già accennato in uno dei primi articoli di questo dossier, un elemento centrale di una sana politica energetica  in particolare per quanto riguarda il nucleare è un certo grado di supporto bipartisan. Nel migliore dei casi, come accade in Gran Bretagna e, anche se con qualche riserva, negli Stati Uniti, tutti e due i maggiori partiti sono d’accordo sulla necessita ‘ di un rilancio dell’energia nucleare. In altri casi, il nucleare è un elemento cardine della politica energetica e non viene messo in dubbio da un cambio di governo, come in Francia. Ma come minimo ci si dovrebbe aspettare che entrambi gli schieramenti, governo e opposizione, riconoscano il comune problema, abbiano gli stessi obiettivi, e siano aperti ad un dialogo ragionevole e ben informato sui mezzi per raggiungerli.

In Italia, purtroppo, tale comprensione e dialogo ancora non c’è. Nel ‘ritorno del nucleare’ si è finora fatto affidamento solo sulla forza del corrente governo e la volonta’ di affrontare con serietà le sfide del futuro. L’industria italiana è pronta per tale sfida. Il governo italiano sta facendo il necessario.

L’opposizione ancora non si muove, anzi nega e si rifugia in desueti e ingannevoli luoghi comuni. Dario Franceschini, sul numero di giugno del mensile free press ‘Pocket’, recentemente ha affermato “Credo che la futura politica energetica dell’Italia non dovrà necessariamente essere fondata sul nucleare"."In Europa – aggiunge – si aspettano gli impianti di quarta generazione, per questo praticamente non ci sono centrali in costruzione e la Germania ha annunciato l’uscita graduale dal nucleare. Mi sembra che si faccia un gran parlare di questo per non fare niente per le energie alternative: solare, eolico che fine hanno fatto? Siamo i fanalini di coda in Europa e il governo aveva cominciato col tagliare il contributo alle ristrutturazioni energeticamente sostenibili.”

In primo luogo, non e’ vero che in Europa non ci sono nuove centrali – due sono in costruzione in Slovacchia, una in Finlandia ed una in Francia. Le ultime due sono oltretutto di Generazione III+, quindi di ultima generazione, moderne, efficienti e sicure. Pochi in realtà aspettano solo la quarta generazione, che probabilmente non sara’ disponibile per più di dieci anni. Infatti, chi vuole la quarta generazione non aspetta ma cerca di guadagnare esperienza con impianti di terza generazione. Olanda, Svizzera, Svezia; non si contano i paesi d’Europa che vogliono un ritorno del nucleare. Pure in Germania il dibattito sul futuro del nucleare è probabile che si riaprirà – la politica del phase out è sempre più in questione. Quindi, a quale Europa si riferisce Franceschini? In secondo luogo, l’Italia non è il fanalino di coda nei riguardi delle energie alternative, ed il nucleare non è in opposizione alle rinnovabili. Ancora una volta l’opposizione ripropone argomenti superati e fallaci. 

Quindi, se non c’e’ un supporto bipartisan, significa che il nucleare in Italia non si può realizzare? Non necessariamente. Ma ci vogliono due elementi fondamentali: un rapido progresso nel processo legislativo, e un processo consultativo col pubblico che cementi il supporto per il nucleare tra la popolazione. Il primo elemento sta facendo progressi, anche se lenti. Il ddl manovra con delega sul nucleare è stato approvato dal senato il mese scorso ed è ora alla camera per approvazione finale (attesa prima della fine del mese). Non sottovalutiamo tale momento. Una legislazione anche se imperfetta che finalemente apre la porta al nucleare e punta verso una nuova seria politica energetica è un segnale importante.

Il secondo elemento non e’ ancora in piedi ma deve essere affrontato e lanciato al più presto. Un’opinione pubblica ben informata è più probabile che sia in favore del nucleare e meno suscettibile ad improvvisi cambi di rotta nel caso che il governo (di qualunque schieramento) abbia dei ripensamenti nel futuro. Proiettiamoci nel futuro per un momento, al tempo delle prossime elezioni politiche (diciamo nel 2013). Con legislazioni approvate, tecnologie approvate, consorzi stabiliti, investimenti pronti ed un’opinione pubblica favorevole. Quale governo farebbe marcia indietro? Senza almeno un piano alternativo valido e realistico? E’ solo in questa maniera, con chiarezza, trasparanza, e determinazione che il nucleare puo’ ritornare in Italia anche senza un completo supporto bipartisan.