Per i giovani c’è dell’altro oltre al fascino dell’illecito e del proibito

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Per i giovani c’è dell’altro oltre al fascino dell’illecito e del proibito

02 Maggio 2010

C’è sempre stato un fascino particolare in tutto quello che è lontano dalle nostre vite di persone comuni: dai fasti delle famiglie reali, agli scintillii a volte equivoci delle star, a tutte le vicende che sono legate al crimine e alle illegalità di cui gli esseri umani da tempi immemorabili sono protagonisti. E’ per questo che sono trainanti, che vengano proposte sotto forma di libri, di pièce teatrali o di films, le trame di intrighi nazionali ed internazionali, le follie divistiche e le battaglie tra guardie e ladri.

Questo oltre a tutto è un giuoco antichissimo, segno, evidentemente che c’è sempre stata una parte della società che per vivere ha battuto strade al di fuori della liceità. Ma ricordo anche con quale sentimento di gioia cercavamo di far vincere le guardie, come se militare nella squadra dei “ladri” fosse in qualche misura sminuente. Oppure, più banalmente, è affascinante tutto quello che è oppure odora di proibito, tant’è che basta rendere illecita una azione perché si scateni interesse per la stessa. Basti pensare a tutto quello che il proibizionismo ha portato con sé.

Ma il fascino dell’illecito e del proibito così come del mistero e dell’intrigo appartiene solo a ragazzini ingenui? mi domando. No, non solo, perchè in misure diverse e con sfumature crescenti quanto ad intensità cromatica avvincono anche gli adulti: i gialli sono stati per decenni romanzi d’evasione per eccellenza, perché scoprire l’identità dell’assassino prima di arrivare alla rivelazione finale era un gioco cui ci siamo dedicati tutti, almeno tutte le persone della mia età. Questi classici, ho provato anche a rileggerli e mi hanno strappato qualche sorriso perché mi sono parsi incredibilmente ingenui e sicuramente privi della quantità di feroci torture, omicidi e sgozzamenti vari che costellano i racconti di oggi, i film e gli spettacoli tout court.

D’altra parte, mi dico, è quello che viene offerto alla televisione nei notiziari che si susseguono e che sono spesso inquietanti elenchi di delitti più o meno efferati e dietro ai quali la parte buona della società, quella che non viene mai nominata, come se la normalità di vita si sposasse necessariamente alla assoluta trasparenza, alla totale improponibilità nel cuore di qualsiasi storia, semplicemente ha cessato di esistere.

Penso a volte che una persona che si soffermi a guardare i notiziari, che raccolga in libreria un po’ di titoli per tenersi aggiornata sulla produzione libraria del nostro come di altri paesi, possa rimanere molto perplessa. Ma è questa la società in cui viviamo? Verrebbe da domandarsi. E credo che soprattutto i giovani non se lo domandino affatto, perché non hanno avuto altro che questo. Mi ha colpito una frase pronunciata da R. Saviano, l’autore di Gomorra, nel corso di una intervista trasmessa alla televisione. Lui riferiva quanto asserito da un giovane poco più che adolescente: l’Italia è un paese cattivo perché se uno ha soldi, si suppone che abbia rubato, non che li abbia ottenuti col lavoro, la capacità e l’impegno e perché, ha aggiunto lo scrittore, se qualcuno ottiene un riconoscimento o qualche gratificazione, il primo pensiero che viene in testa a chiunque è “chissà cosa c’è dietro”. Ormai pare ci sia una presunzione di reità talmente diffusa e celebrata nell’arte e in tutte le sue forme, da far ribrezzo.

Noi stiamo presentando ai nostri giovani il mondo peggiore possibile, il peggiore dei mondi possibili e poi ci meravigliamo che loro bevano o si droghino e che ritengano gli sballi comunque ottenuti semplici veicoli di fuga da una realtà che non merita di essere vissuta, le uniche vie che valga la pena di battere. Se così non fosse, non sarebbero piene fino alle sette di mattina le discoteche, dove il consumo di alcol è il minore dei mali, non ci sarebbero tanti morti in strada per guida in condizioni di alterata attenzione e credo che anche il fenomeno del bullismo possa avere qualche cosa a che fare con questo presentare ossessivamente solo gli aspetti criminali della società.  

I boss fanno scuola, il più forte comanda, chi picchia per primo picchia due volte, la scuola è terra di nessuno, il prof sta in cattedra disinteressandosi di quello che accade in classe perché la disciplina, lo stare ciascuno al proprio posto, avere un contegno consono ad un luogo dove si dovrebbe andare, gli alunni per imparare e gli adulti per insegnare ed educare, è solo un optional o un lontano ricordo di babbioni, matusa, gente sorpassata, comunque da non tenere in alcun conto. E le suppellettili scolastiche sono lì per essere usate ed abusate dai ragazzi, che non rispettano né la roba loro né quella della comunita perché il concetto di comunità, qualcosa che si crea e si protegge in comune, non ce l’hanno. Hanno in testa le lotte di quartiere, i pizzi e le tangenti, l’onore mafioso ed omertario, le sparatorie, e non aspirano all’amore di una ragazza, per esempio, ma la vogliono prendere con la forza perché così dimostrano di essere veri uomini…

Sono profondamente convinta che i libri come Gomorra debbano essere scritti e che debbano essere letti e meditati, sono convinta che ben altri sostegni andrebbero alle forze dell’ordine per vincere una battaglia vecchia quanto l’uomo, ma anche feroce oggi come mai. Ma sono anche convinta che, anche senza offrire ai ragazzi le vite dei Piccoli martiri che regalarono a me per la Prima Comunione e sulle cui pagine versai fiumi di lacrime, potremmo anche impegnare scrittori e registi, musicisti ed artisti in genere per far sapere ai nostri figli che c’è anche un’altra realtà, che c’è un mondo che non va in quel senso, che va e può andare in modo diverso.

Reclamo soprattutto per i giovani un po’ di sana normalità dove si possa far sapere loro che ci sono persone che hanno il senso della responsabilità e della famiglia, che offrono il loro tempo libero per aiutare chi è più debole, che affrontano onestamente la vita, che sono di tutti i colori e di tutte le religioni e che nel nostro bel Paese ci sono anche quelli che la domenica vanno a Messa… Non è un marchio d’infamia come qualcuno crede!

Ma mi piacerebbe che questo messaggio lo recepissero anche coloro che confezionano spettacoli, dai cartoni animati per bambini e negli ultimi tempi ne ho visto alcuni dove i figli rispondono malissimo ai genitori, vanno in cerca di guai e fanno tutto quello che normalmente si dovrebbe dire ad un bambino di non fare. Non dovremmo mai dimenticare che la televisione, varie ore nel corso della giornata, sono la normalità per i ragazzi d’oggi e che spesso è l’unico ponte tra la loro stanza e quella che loro pensano sia la realtà.

Cerchiamo di non suscitare in loro l’impressione di vivere nel peggiore dei mondi e di non poter comunque far nulla per migliorarlo, perché sarebbe il tradimento più terribile: senza sogni la vita finisce. Un mondo migliore è il più grande dei sogni e magari non lo realizzeremo mai, ma provarci è un dovere per tutti, anche una sfida, la migliore, la più stimolante.