Per i renziani il “Jobs Act funziona” ma a crescere sono solo precari e inattivi
02 Agosto 2017
di Carlo Mascio
L’ultima infornata di dati Istat sull’occupazione del mese di giugno ha fatto andare letteralmente in visibilio il Pd. Tutti, renziani e piddini, non hanno perso tempo e con smartphone o tablet in mano, hanno letteralmente invaso Twitter. Ma che cosa è successo di così tanto eclatante? Secondo l’Istat, nel mese di giugno il tasso di disoccupazione è sceso “a sorpresa” all’11,1%, in pratica dello 0,2% rispetto al mese precedente. Quanto basta per tornare a rivendicare i presunti successi del Jobs Act: “La disoccupazione scende ancora. Qualcuno può ancora negare il successo del Jobs Act? Avanti” ha cinguettato Maria Elena Boschi, riecheggiando quando detto da Renzi sulla sua e-news: “Il Jobs Act funziona. E finalmente non lo mette in dubbio più nessuno. Cala la disoccupazione, crescono i posti di lavoro anche al femminile. La strada è lunga, ma la direzione è giusta”.
Peccato però che, come già accaduto in passato, quando i piddini si riversano in massa su Twitter perdono di vista qualche altro dato importante. Fermo restando che l’Italia, per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, continua ad occupare stabilmente le ultime posizioni della classifica Eurostat, dove solo Portogallo e Grecia fanno peggio di noi, è vero che gli occupati a giugno sono aumentati, ma è anche vero che, come ci dicono le tabelle Istat, si tratta per lo più di occupati con contratti a termine (+37mila, +1,4%). Il dato sui lavoratori con contratto stabile, infatti, resta per lo più invariato.
In più c’è da tener conto che le stime si riferiscono al mese di giugno, inizio della stagione estiva, dove i contratti a termine, in genere, aumentano per via del turismo balneare e non solo. In più, se si tiene conto che le presenze di turisti in Italia nell’ultimo periodo sono aumentate sensibilmente, allora l’incremento degli occupati a termine è abbastanza normale. E questo è anche in parte confermato dall’aumento dell’occupazione femminile, che, soprattutto nella stagione estiva, in particolare nel comparto del turismo, tendenzialmente sale di qualche decimale. In effetti, l’incremento delle donne occupate è pari, guarda caso, proprio allo 0,2%.
Ora, una cosa è chiara: non possiamo certo considerare negativi questi dati. Così come non possiamo nemmeno gridare al miracolo come fanno Renzi & Co. Trattandosi di contratti a termine, i dati di autunno ci diranno se siamo in presenza di un trend positivo oppure se si conferma l’andamento altalenante degli ultimi mesi. E, in effetti, se si pensa che, sempre secondo l’Istata, la minore disoccupazione è compensata dalla crescita degli inattivi, ovvero da coloro che non hanno un lavoro e che non lo cercano, e che questi sono perlopiù giovani compresi tra i 25 e i 34 anni le cui difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro sono rimaste tendenzialmente inalterate, allora si capisce bene che c’è poco da festeggiare.