Per il cambio di regime a Teheran non basta questo Occidente
26 Novembre 2022
Per capire dove va la mullocrazia, seguiamo le tracce di Ali Bagheri, il capo negoziatore di Teheran sul nucleare a Vienna. Mentre le leadership occidentali si esercitano in quello che sanno fare meglio, la solidarietà parolaia verso quelli che rischiano la pelle in nome della libertà , Ali Bagheri fa cose. Bagheri è un “hard liner”, come si dice in gergo, viene dalla filiera iraniana fondamentalista del già presidente Ahmadinejad.
Imparentato con la Guida Suprema dei preti islamici, Khamenei, Bagheri lavora speditamente per dare un futuro multipolare al regime. Laddove multipolarismo è la definizione preferita dagli Stati canaglia per farsi beffe dell’Occidente. L’Iran continua a fare affari aggirando le sanzioni occidentali, minaccia impunemente le democrazie, reprime il dissenso in casa propria ammazzando ragazzine e marciando con le proprie truppe contro i curdi.
Curda era la giovane Mahsa Amini morta per le botte prese avendo indossato male il velo. Curdo è Ghafouri, l’ex della nazionale arrestato davanti al figlio. Perché – a differenza dei suoi compagni di squadra che dopo la vittoria col Galles tornano a intonare l’inno nazionale – è uno dei 14mila arrestati che non si piegano.
Teheran guarda a Russia e India
Ancora: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con un ritardo di due mesi e mezzo autorizza la commissione d’inchiesta sulle violenze in Iran. Bagheri annuncia una patriottica inchiesta sui cinquanta agenti della sicurezza che sarebbero morti negli scontri da quando è scoppiata la rivolta.
Intervistato dal canale indiano Wion sulla rivolta e i rapporti di Teheran con l’Occidente, il diplomatico aggiunge che le proteste sono “naturali in Paesi democratici”, naturali quanto 500 morti ammazzati da settembre. Le dichiarazioni di Bagheri a Wion non sono casuali. Nel corso della sua visita a Nuova Delhi, il diplomatico iraniano ha criticato gli Usa per aver messo a repentaglio la sicurezza energetica globale con le sanzioni inflitte a Iran, Russia e Venezuela.
Bagheri ha spiegato alla controparte indiana quali saranno i vantaggi dell’import-export, energia in cambio di materie prime, fra Teheran e Dehli. Bagheri si riferisce ai progetti di sviluppo del Porto di Chabahar, trait d’union tra Iran e India. Il porto si trova in quel Sistan-Baluchistan a maggioranza sunnita, vicino a Pakistan e Afghanistan, dove le Guardie della Rivoluzione sparano sui rivoltosi che manifestano intonando slogan come “Curdi e Baluci sono fratelli”.
L’incontro con gli indiani avviene a quasi un anno di distanza dal viaggio di Ali Bagheri a Mosca. La Russia è l’altro faro di democrazia dei mullah insieme all’India e a qualsiasi altra potenza non allineata che possa legittimare l’antisemitismo e l’occidentalismo dei chierici iraniani. Così il cerchio si chiude e torniamo alle nostre latitudini, visto che l’Iran è una minaccia che riguarda l’Europa.
I droni di Teheran a Putin
Il regime iraniano ha ammesso di fornire ai russi i droni kamikaze usati per bombardare indiscriminatamente l’Ucraina. Non che le forniture iraniane di droni kamikaze fossero una novità . Teheran li aveva già dati ai ‘ribelli’ Houthi nello Yemen per attaccare l’Arabia Saudita e gli Emirati arabi, colpendo gli interessi petroliferi dei suoi avversari nel Golfo.
Ma certamente fa un pochino impressione vederli in dotazione, con tanto di assistenza in loco offerta dalle Guardie della Rivoluzione, in Ucraina. A due passi da casa nostra. Tant’è che il presidente Zelensky ha detto chiaro e tondo che il coinvolgimento dell’Iran sta prolungando la guerra di Putin. Zelensky ha esortato anche la sedicente comunità internazionale a contrastare l’alleanza russo-iraniana, per impedire che i sistemi di difesa aerea ucraini vengano messi ulteriormente sotto sforzo. Ma evidentemente il problema a Washington e Bruxelles sono i missili caduti, ‘per sbaglio’, in Polonia.
Il regime iraniano considera la NATO una significativa minaccia alla sua esistenza. Nel corso di una telefonata con il presidente russo Putin, il presidente iraniano Raisi ha detto che “l’espansione della NATO verso est crea tensioni ed è una seria minaccia alla stabilità e alla sicurezza degli stati indipendenti in varie aree”.
Ebbene, tutto questo protagonismo diplomatico è legittimato dal fatto che l’America di Biden e l’Europa si fanno gabbare da quasi dieci anni nei negoziati sul JCPOA, meglio noto come “Iran deal”. L’accordo quadro sul nucleare inaugurato all’epoca dal presidente Obama nell’illusione che stati canaglia come Iran, Russia o Corea del Nord possano rientrare dalla porta di servizio della storia nella già citata comunità internazionale.
L’illusione del dialogo con l’Iran
Mentre invece erano e restano quello che conosciamo come Asse del Male. Dopo il vigliacco ritiro dall’Afghanistan e le armi date a Zelensky in modo da farlo combattere per procura in Ucraina parandoci il cosiddetto, l’Occidente accende le candeline per Mahsa Amini. Riempie le librerie di fumetti sulla persecuzione curda o iraniana, Ma poi si attovaglia con Ali Bagheri, capo negoziatore del JCPOA per conto di Teheran a Vienna.
L’obiettivo delle cancellerie occidentali continua a essere tenersi buono il regime iraniano pur sapendo che uno, ammazza donne e ragazzini. Due, sviluppa il suo programma nucleare per dotarsi dell’arma atomica e minacciare Israele. Tre, vende droni kamikaze ai russi messi alle strette dal valoroso esercito ucraino. Esattamente quello che si può definire un atteggiamento cooperativo, insomma.
Gli europei si rallegrano per la liberazione delle attiviste occidentali fatte prigioniere in Iran. Ma dovrebbero rendersi conto che la alleanza russo-iraniana, e il modo di portare avanti le trattative sul nucleare di personaggi come Bagheri, sono il risultato di una malapolitica che dura da anni. La morbidezza occidentale viene strumentalizzata dai nemici dell’Occidente per restare al potere e minacciare l’ordine liberale internazionale.
Tanti iraniani, dai manifestanti nelle strade di Teheran, agli analisti delle cose internazionali, alla diaspora iraniana, sanno quali sono le complicità dell’Occidente con il regime. Certo, gli iraniani che protestano non hanno ancora chiesto apertamente all’Occidente di intervenire direttamente per liberarli dalla oppressione religiosa. Ma tutti sappiamo che l’Occidente potrebbe fare qualcosa di meglio oltre a schierarsi a parole con chi si ribella per avere un governo democratico.
La debolezza dell’Occidente
Mettersi la magliettina di lana per sostenere Zelensky in Europa però è già un problema. Figuriamoci avventurarsi in guerre di liberazione nel Medio Oriente. Chi lo andrebbe a spiegare alle opinioni pubbliche ricattate dal caro bolletta? Servono elite consapevoli per combattere in nome della democrazia. E in Occidente ormai questi leader scarseggiano.
Del resto non è la prima volta che le leadership di casa nostra si indignano per la repressione in Iran (1500 morti nel 2019). Per poi continuare a stendere tappeti rossi a Vienna quando arrivano i falchi come Bagheri. Gli iraniani ricordano bene che nel 2019, mentre loro morivano, l’Europa rilanciava il commercio con l’Iran e i colloqui del JCPOA, ridimensionando il senso di quelle proteste.
L’Occidente, scrive il National Interest, deve rimanere consapevole delle enormi sfide poste dai regimi come quello iraniano alle democrazie. I mullah sono un rischio per la sicurezza della NATO, del Medio Oriente e del loro stesso popolo. Bruxelles, Londra, Washington, Ottawa dovrebbero smetterla di legittimare il regime, come hanno fatto per anni col criminale di guerra Putin.
Rinunciare agli accordi farsa sul nucleare e sostenere attivamente la rivoluzione del popolo iraniano. Gli iraniani che protestano nelle strade e gli ucraini che combattono in prima linea sul fronte orientale difendono la libertà e la democrazia occidentale. Viene da chiedersi se le leadership occidentali siano ancora interessate a promuoverla, questa democrazia, o tutto si riduca a qualche post sui social con allegata la foto di Mahsa Amini.
Intanto, Ali Bagheri si diletta su Twitter perché l’Iran ha fatto goal. E la comunità internazionale torna contenta e soddisfatta al bar dello sport.