Per il Teatro regio di Parma, Grillo fa una scelta economica, politica e un po’ razzista
07 Ottobre 2012
di Carlo Zasio
“Ha tolto quella schifezza di Srl dal vostro Teatro Regio che costava migliaia di euro e reclutava musicisti in Romania e Polonia”. Con queste parole Beppe Grillo nel comizio di Parma del 22 settembre ha difeso la decisione del Sindaco Pizzarotti a meno di un’ora dall’inizio della conferenza stampa di presentazione del Festival Verdi di estromettere l’orchestra del Teatro Regio in favore dell’orchestra Arturo Toscanini.
La risposta per bocca di una delle musiciste alla troupe di Ballarò che ha riproposto martedì scorso l’infelice passaggio del leader del movimento 5 stelle è stata lapidaria e inequivocabile: “il razzismo non è un’opinione, è un reato”. Perché di questo si tratta, a meno che un uomo di spettacolo come lui ignori completamente quanto le orchestre degne di tal nome, la Arturo Toscanini compresa, reclutino regolarmente musicisti in ambito internazionale, in particolare provenienti dall’Europa orientale dove il livello medio di preparazione è decisamente sopra gli standard.
La pericolosa sbandata di Grillo è stata in parte fortunosamente recuperata dal Sindaco Pizzarotti, che ha dichiarato in extremis di aver preferito la Toscanini per ragioni economiche. Con parole tra il ragionieristico e il contabile, alla prima del Rigoletto che apre la sobria e scarna edizione del Festival Verdi di quest’anno, ha detto infatti che “il delta di differenza tra un’offerta e l’altra è di 91.500 euro per le stesse rappresentazioni”. Questo salva di certo le casse della Fondazione Teatro Regio e dell’unico socio rimastovi, il Comune stesso, che sta vivendo una situazione contabile sul limite del fallimento. Ma non può essere l’unica motivazione di una scelta che, per la tradizione del teatro che il Sindaco presiede, dovrebbe essere perlomeno più articolata. Così come avrebbe dovuto essere maggiormente argomentata la decisione di far decadere il bando indetto dal commissario prefettizio dell’era post Vignali per individuare il Sovrintendente destinato a succedere a Mauro Meli, preferendo procedere d’ufficio nominando per chiamata diretta come direttore generale l’ex Sovrintendente della Scala, Carlo Fontana.
Oltre a fornire numerosi pretesti ai ricorsi che arriveranno da chi aveva presentato regolare domanda al bando, il risultato è un alquanto bizzarro accostamento: il giovane sindaco grillino sceglie per risollevare le sorti del teatro un capitano lirico di lungo corso fortemente connotato politicamente. Critico teatrale dell’Avanti negli anni Settanta, già direttore della Fonit-Cetra in quota socialista, direttore della Biennale Musica sotto la presidenza Portoghesi, approda alla guida della Scala con il Sindaco Pillitteri. Il suo ingresso nel laboratorio grillino di Parma, anche in considerazione di questo passato, non potrà non destare curiosità.