Per le madri lavoratrici la Regione ha fatto molto, ma si può fare di più
29 Agosto 2011
Tra i numerosi conflitti che una società complessa e competitiva ci pone davanti, ce n’è uno, in particolare, che si sta facendo pericolosamente spazio e che rischia di sbilanciare il già precario equilibrio delle famiglie italiane. Perlomeno di quelle che vedono le donne impegnate nel difficile ruolo di madri, mogli, figlie e lavoratrici.
Si tratta del conflitto sul tempo nella vita quotidiana. Conflitto che dovrebbe trovare una composizione nella cosiddetta “conciliazione”, ovvero in tutte quelle facilitazioni che permettano la combinazione tra l’impegno lavorativo retribuito delle donne e le responsabilità di cura della famiglia. Un tema che oggi più che mai ha assunto i connotati di un vero e proprio problema di politica sociale.
Ma soprattutto un tema sul quale tutti, a cominciare dalla politica, hanno il dovere di interrogarsi. Perché se da un lato il dibattito sulla situazione femminile, nella regione Abruzzo, ma in generale in Italia, procede rapido, dall’altro lato, quello delle misure concrete e delle azioni positive, il cammino risulta lento e tortuoso.
La risposta delle donne, però, è arrivata. Puntuale e senza sconti. C’è la tendenza a fare meno figli e ad abbandonare il lavoro. Il risultato, inevitabile, è un impoverimento generale del Paese. Di fronte a tutto questo, però, è inutile puntare il dito accusatorio al solo scopo di sollevare una polemica in più, riducendo la questione nello sterile campo dello scontro politico. C’è sicuramente ancora da lavorare, ma la Regione Abruzzo ha già fatto molto in questo senso e non riconoscerlo, o peggio, affermare il contrario, significa mistificare la realtà.
Nei giorni scorsi dall’opposizione, però, è arrivata la stoccata. Sotto forma di un vero e proprio allarme: anche in Abruzzo sarebbero in aumento le madri costrette ad abbandonare il lavoro a seguito di una gravidanza. Niente di più falso. La Giunta regionale infatti ha già messo in campo un forte sistema di tutele, proprio per venire incontro alle esigenze delle madri lavoratrici. Basti pensare al progetto ‘Lavorare in Abruzzo’, che grazie allo strumento dell’extrabonus facilita l’assunzione delle donne. E, bisogna sottolinearlo, sono stati utilizzati soldi che il centrosinistra non era stato in grado di investire e che altrimenti sarebbero andati persi. E ancora, sono stati erogati finanziamenti per rendere flessibili orari e organizzazione del lavoro, attraverso un bando al quale stanno arrivando numerose domande.
Sappiamo bene che tutto questo non è sufficiente e che poter conciliare tempi di vita e di lavoro per molte donne rappresenta una vera e propria sfida quotidiana. Per questo, piuttosto che impantanarsi in inutili polemiche, sarebbe utile che l’opposizione iniziasse a collaborare su temi che, come questi, richiederebbero un impegno bipartisan. Gli esempi da seguire ci sono. E non occorre citare i soliti Paesi del Nord-Europa. Anche la Francia ha sperimentato esempi positivi di welfare, come il rimborso per la tata, il bonus bebè e lunghi congedi di maternità.
Gli strumenti, dunque non mancano. Oltre a quelli citati, c’è il part-time, la flessibilità in entrata ed in uscita, il tele-lavoro, la banca delle ore. Ma non solo. Oltre ad intervenire attraverso una diversa organizzazione del tempo di lavoro ci sono anche strumenti in grado di liberare tempo, come i congedi di maternità – e paternità – obbligatori e i servizi a supporto delle famiglie. Perché la conciliazione deve diventare una questione di famiglia e non essere vista in un’ottica puramente femminile. Non nuovi ruoli, insomma. Ma solo la possibilità di reinventarli. Rimanendo fedeli ad essi.