Per l’Idv sono tutti colpevoli fino a prova contraria, tranne loro
17 Febbraio 2010
Gioacchino Genchi ama il viola. Gioacchino Genchi ha le scarpe viola, le calze viola, i pantaloni viola, la camicia viola, il pullover viola, la sciarpa viola. Non possiamo (e non vogliamo) sapere come porti l’intimo. Saltella e sguscia come un’anguilla, osserva tutto, scrive tutto, ricorda tutto. E’ felice come un bambino a Natale quando approda davanti a una telecamera, a suo agio in qualunque trasmissione televisiva come a un congresso di partito. Da umile accumulatore di tabulati telefonici (non vuole esser definito intercettatore e neanche spione, ma questa è la sua realtà) a eroe dei tagliagole, che successo!
Il partito di Di Pietro lo ha accolto con la stessa trepidazione scomposta che un gruppo di adolescenti riserverebbe al nipotino di George Clooney. Lui ha ricambiato urlando parole che esplicitamente attribuivano a Silvio Berlusconi la responsabilità diretta nell’attentato di cui era stato vittima il 13 dicembre 2009 in piazza Duomo a Milano. Il Presidente del consiglio si sarebbe tirato addosso la statuetta, così come l’11settembre 2001 le Due Torri di New York non sarebbero state abbattute dai terroristi di Osama Bin Laden ma si sarebbero suicidate, all’interno di un complotto giudaico-imperialistico.
Ma il vero orgasmo politico Gioacchino non l’ha avuto in quel congresso che lo ha sollevato da terra quasi fosse la Madonna, e neppure quando accarezzava i suoi tabulati con cui si è messo in contatto con tutti i telefoni d’Italia. No, il suo acme l’ha raggiunto l’altra sera quando ha potuto trascorrere ben tre ore al fianco di Luigi De Magistris a Telelombardia. E’ la seconda volta che siamo insieme in Tv, ha sussurrato Gioacchino all’indifferente ex magistrato, che sedeva con la fronte aggrottata (ce l’ha sempre, forse qualcuno gli ha spiegato che così sembra un intellettuale) a esprimere pensosità.
Indifferente al fatto che il suo partito, l’Idv, quello della legalità e della “presunzione di colpevolezza” (ma come si permette, mi sibila quando glielo faccio notare) partecipa festoso alla candidatura a governatore della Campania di Vincenzo De Luca, due volte rinviato a giudizio per reati contro la Pubblica amministrazione. De Magistris scrolla le spalle, “io non sono d’accordo”, e liquida così la faccenda. E Loiero, e Vendola? Tutti indagati, tutti appoggiati dal “partito della legalità”. E della presunzione di colpevolezza. Si può stare in un partito che chiede le dimissioni di Guido Bertolaso per un’informazione di garanzia e negli stessi giorni candida alla carica di Governatore di regione ben tre inquisiti?
Si può. Così come si può lasciar partire un applauso dagli amici-tricoteurs quando giunge la notizia che il coordinatore del Pdl Denis Verdini è stato raggiunto da informazione di garanzia. Così come si può consentire a colui che dovrebbe essere un funzionario dello Stato, il dottor Gioacchino Genchi, di affermare impunemente che la Procura della repubblica di Roma “aggiusta” i processi e a un giornalista di sostenere che dal 1994 in Italia non ci sono state più stragi di mafia dopo che Forza Italia ha riposto la pistola.
Tutto scivola nelle orecchie sorde dell’onorevole De Magistris, eroe per caso, che tiene comunque a ricordare che “dentro” lui si sente sempre magistrato e che è stato costretto a ripiegare sulla politica perché gli hanno impedito ( il Consiglio superiore della magistratura, cioè l’organo di autocontrollo dei giudici ) di continuare a fare il Pubblico ministero. Naturalmente non spiega il perché, proprio come
Antonino Di Pietro a suo tempo non spiegò perché lasciasse la toga così all’improvviso.
In realtà per De Magistris la strada è stata solo in discesa, e la sua popolarità di accusatore è stata travasata senza soluzione di continuità direttamente nelle urne. Come dimenticare quel che accadde un po’ di anni fa in una cittadina della Calabria quando un giudice (donna, per la precisione) riuscì a far sciogliere il Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, e poi che cosa fece? Ma è ovvio, si candidò e fu lei a diventare il nuovo sindaco, di sinistra, della città. Come dimenticare?
E la storia continua, e oggi ha il nome di Lorenzo Nicastro, Pubblico ministero a Bari e grande accusatore, nonché intercettatore, di politici locali e nazionali, oggi candidato con il partito della “legalità” e della “presunzione di colpevolezza”, l’Idv. Giustamente il ministro Raffaele Fitto, indagato e intercettato dal magistrato per nove anni, lamenta il fatto che il neo candidato potrà usare tutto quello che ha acquisito (verità o calunnie che siano), tutto quello che ha intercettato, come colossali proiettili politici nella campagna elettorale.
Ma il partito della “legalità” e della “presunzione di colpevolezza” fa spallucce. Tanto i principi e le responsabilità valgono sempre e solo per gli altri. Loro hanno l’innocenza presunta a priori. Ereditata per casta.