Per Morales pregare è “alienante” e la Bolivia va scristianizzata

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Per Morales pregare è “alienante” e la Bolivia va scristianizzata

23 Luglio 2009

In occasione delle celebrazioni per il bicentenario dell’Indipendenza, il presidente boliviano Evo Morales ha gratuitamente criticato la chiesa del suo Paese e i vescovi dell’Honduras. In particolare, Morales ha espresso parole severe sulla Chiesa e la libertà, affermando che “quando i popoli cercano di liberarsi, arrivano le dittature, la violenza del fucile o l’alienazione della preghiera per impedirglielo”.

Di fronti ai ripetuti attacchi e al tentativo di dividere la comunità ecclesiale tra una presunta "chiesa di base" e un’altra della "gerarchia", la Conferenza Episcopale della Bolivia è intervenuta con una nota ribadendo con decisione "l’unità della Chiesa in quanto unico popolo di Dio, formato da vescovi, sacerdoti, religiose, religiosi e laici".

I vescovi hanno anche ricordato l’importanza e il valore della preghiera: “ogni uomo e donna, al di là della propria confessione religiosa ha il diritto di rivendicare con la propria esperienza il valore e la dignità della preghiera, che – continuano i vescovi – ci mette in contatto con Dio, aiuta la liberazione interiore e la convivenza civile nella pace e nella fratellanza”, obiettivi per i quali molti cristiani dell’America Latina hanno sacrificato la propria vita.

Questa è una visione di fede che trova le sue radici nella storia e nelle radici di un popolo, e che quindi esula da ideologie ormai superate che vedono la religione come una minaccia.

I vescovi hanno poi confermato la loro comunione con il Papa, sottolineando il loro dovere di “assumere responsabilmente” gli avvenimenti della storia, “con le sue luci e le sue ombre”, imparando dagli errori e incoraggiati dalle testimonianze e dai successi della comunità ecclesiale “per guardare al futuro con fiducia, senza la zavorra dell’amarezza e del risentimento”. Questa la risposta dei presuli al presidente Morales.

La Chiesa e la sua comunità sono costrette a fronteggiare continui disagi, lottando per guadagnarsi uno spazio in Paesi che continuano a restringerle e a respingerle, e dove spesso attacchi anche infondati assunono una vasta eco.

Pensiamo alla profonda crisi politico-sociale dell’Honduras, al Venezuela di Chavez dove i vescovi si trovano a dover fare i conti con le tensioni innescate dall’impianto del cosiddetto "socialismo del XXI secolo", un sistema politico che non rispetta la volontà popolare. Pensiamo a Cuba, dove la libertà religiosa si scontra con infinite limitazioni, e la Chiesa viene controllata nelle azioni e nella sua vita quotidiana, dove i sacerdoti sono drasticamente diminuiti.

Sono molte le realtà dell’America Latina in cui i vescovi si trovano a gestire situazioni di profonda gravità. Ma grazie al cielo non si sono ancora arresi.